Tre associazioni in una lettera ai sardi: “L’etica torni a orientare la politica”

“Sul finire del 2018 si è verificato un fatto rilevante: il messaggio con cui i vescovi sardi hanno preso posizione contro la Rwm Italia spa, la fabbrica in cui vengono prodotte le bombe utilizzate dall’Arabia Saudita nell’atroce guerra contro lo Yemen. La richiesta della Chiesa e di una consistente fetta di società civile riunitasi a Villacidro in occasione della XXXII Marcia della Pace (nella foto) è chiara ed ineludibile: l’etica deve tornare ad orientare le decisioni della politica e le scelte dell’economia”. Comincia così la lettera ai sardi scritta dalla Confederale sindacale sardi, dai medici per l’ambiente dell’Isde e dalla onlus Acs (Assotziu Consumadoris Sardigna), rappresentati rispettivamente da Giacomo Meloni, Domenico Scanu e Giacomo Mameli.

I tre firmatari fanno un lungo ragionamento sulla presa di posizione da parte del clero isolano e scrivono ancora: “Con il loro messaggio, i vescovi hanno chiesto ai lavoratori della Rwm non di abbandonare il posto di lavoro, ma di concepirsi come parte di un più ampio progetto: la conversione della fabbrica in un impianto che produca beni volti a migliorare la qualità della vita. In altri termini, mentre viene riconosciuta la condizione di fragilità socio-economica di questi individui – residenti in uno dei territori più poveri d’Italia -, si rivolge loro un appello affinché cooperino per realizzare un’economia di pace”.

Un’altro passaggio della lettera riguarda le crisi industriali, indicate come altra “triste storia di morte per produrre reddito”. Si legge: “Partendo dai fantasmi dei minatori morti di silicosi che ancora affollano le gallerie sarde fino alle
recenti indagini epidemiologiche che misurano eccessi di mortalità e un’elevata incidenze di patologie riconducibili all‘inquinamento ambientale, emerge con chiarezza che una parte dell’economia sarda si basa sull’inaccettabile ricatto dell’accesso al reddito in cambio della diffusione di morte. La nostra Isola paga, come spesso accade, un tributo maggiore in termini di danni alla salute e all’ambiente. Un primo record negativo riguarda l’estensione delle aree inquinate: maggiore qui che altrove. Inoltre, nei territori di Cagliari, Sassari e Carbonia-Iglesias, dove, cioè,  insistono le maggiori attività industriali e le più grandi città, il tasso di mortalità è più elevato, mentre l’area di Carbonia–Iglesias presenta gli stessi tassi di mortalità di Caserta, capitale della Terra dei Fuochi”.

Ancora: “Nel dibattito politico, la crisi degli ultimi anni, cui risulta associato un forte aumento della povertà e della disoccupazione, viene utilizzata come giustificazione per il mantenimento delle lavorazioni impattanti già presenti e di nuovi progetti altrettanto nocivi. Qualsiasi nuovo investimento è bene accetto, se garantisce occupazione: è questa la posizione della stragrande maggioranza dei politici sardi. Siamo, in altre parole, in presenza di un vero e proprio circolo vizioso messo in moto dalla costante crescita delle diseguaglianze sociali. Le cronache industriali di oggi offrono una conferma a quanto qui sostenuto: ad esempio, ci informano della necessità della Portovesme srl di una nuova discarica per stoccare oltre 2 milioni di metri cubi di rifiuti industriali provenienti dalla lavorazione dei velenosi fumi d’acciaieria importati da mezza Europa”.

La lettera si chiude con lo sguardo sul nuovo anno appena iniziato. “Il 2019 si apre con una serie di ineludibili domande: cosa potremo fare? Innanzitutto, i più forti antidoti contro la crescita delle diseguaglianze sociali sono l’istruzione e la ricerca, un’istruzione e una ricerca di alto livello che sappiano interpretare correttamente le esigenze delle nostre comunità. Una straordinaria concomitanza di fattori – la possibilità di accumulare l’energia attraverso gli impianti idroelettrici, la presenza di piccoli centri – rende la Sardegna una candidata naturale per ospitare una rivoluzione del sistema energetico. La gestione dei rifiuti deve cambiare radicalmente: innanzitutto occorre privilegiare il riuso, in secondo, luogo, all’aumento della raccolta differenziata deve seguire la realizzazione in Sardegna di piattaforme per chiudere la filiera del riciclo in loco, evitando, dunque, di spedire i rifiuti differenziati nella Penisola. Il riciclo dell’alluminio e della plastica rappresentano valide alternative ai processi industriali dell’alluminio primario e del pet. Occorre, poi, ridare nuova vita ai territori e alle produzioni locali, supportando la parte sana del nostro comparto primario, in primo luogo quella che si pone l’obiettivo di valorizzare la biodiversità“.

Infine: “Occorre non cedere ad una visione industrialista dell’agricoltura, e dare vita a reti alternative alla grande distribuzione, promuovendo anche la trasformazione dei prodotti. Inoltre, in Sardegna esistono delle eccellenze nel settore dell’artigianato non valorizzate. Anche la rivoluzione culturale attesa dalla Sardegna può dare un grande contributo all’economia dell’Isola attraverso l’assunzione del corpo docente per l’insegnamento e la divulgazione della nostra lingua e il rinascimento dell’editoria in sardo. Questa è un’idea di economica circolare che dovremo perseguire, nel nostro stesso interesse. Vista l’assenza della politica, che ormai da tempo ha abbandonato il compito di costruire il futuro, è la società civile sarda che deve provare a fornire le risposte e a battersi perché si traducano in realtà”.

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