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Le donne sarde tornano a fare le domestiche. Ecco come la crisi cambia il mondo del lavoro

Una crisi che sta mettendo a dura prova le donne dell’isola. Anche in termini di lavoro domestico: in Sardegna badanti, colf, baby sitter non sono più russe, ucraine o filippine, ma donne sarde che si reinventano ruoli e spazi all’interno delle loro famiglie. Alcuni dati sono stati resi noti oggi da Oriana Putzolu, segretario regionale della Cisl. Nell’isola l’incidenza straniera sul totale dei lavoratori domestici è del 23,7%, “cifre che assegnano alla Sardegna un primato nazionale negativo”, ha commentato Putzolu. Va unpo’ meglio in provincia di Sassari, col 28,5;, seguono Cagliari (22,8%), Oristano (22,3%) e Nuoro (19,7%).

Oriana Putzolu lancia così un richiamo alla politica regionale “per la costruzione di un sistema economico normativo che elimini precariato, tuteli la famiglia, crei una moderna e diffusa rete di servizi socio-assistenziali”.

Secondo la sindacalista c’è un esercito di 273mila donne senza lavoro: “31mila di loro cercano una occupazione ma non attivamente – ha affermato – 6mila pur attivandosi per avere un impiego non sono subito disponibili, 33mila non lo cercano affatto, ma poi se ci fosse la concreta possibilità di avere una occupazione timbrerebbero subito il cartellino, 203mila, infine, non cercano e non sono disponibili a svolgere un lavoro. E’ un esercito di donne occupate in faccende domestiche in un mix di ruoli: moglie, madre, baby sitter, badante, infermiera, donna delle pulizie, domestica, insegnante di sostegno, in un sistema sociale che non permette di conciliare i tempi della famiglia con quelli del lavoro”.

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