Lavavano mimetiche, hanno il cancro: film racconta i sei fratelli di Teulada

È diventata un film la storia dei cinque fratelli Murgia che a Teulada, dai genitori, avevano ereditato una lavanderia. Uno stanzone accanto a casa, dove sino alla fine degli anni Novanta la famiglia ha lavato per sei lustri le mimetiche dei militari in servizio nel poligono. I Murgia, uno dopo l’altro, si sono ammalati di tumore. Tutti. Forme benigne e maligne, di certo non una passeggiata di benessere tra un ambulatorio medico e un ospedale. A salvarsi, in famiglia, è stato solo il sesto fratello emigrato presto in Brasile e che mai ha maneggiato gli abiti dei militari. La storia è raccontata in ‘The wash’, pellicola di Tomaso Mannoni, il regista cagliaritano che ha lavorato insieme ad Alberto Badas: il docu-film è stato presentato ieri a Cagliari nel corso del festival Solidando, dopo la ‘prima’ a Milano lo scorso settembre.

Tomaso Mannoni (a sinistra) e Giacomo Doglio

I fratelli Murgia cercano giustizia dal 2012, quando si sono affidati all’avvocato di Cagliari, Giacomo Doglio, per far sì che la Procura prendesse in mano quel caso in cui il legale – anche lui presente ieri alla proiezione – ha ipotizzato la correlazione tra malattia e inquinamento radioattivo nella zona di Teulada. Così rispetto a “inalazione, ingestione e contaminazione”. Doglio, che ha firmato gli esposti insieme ai colleghi Valeria Farigu e Stefania Serra, ha chiesto nuovi esami su “polveri sottili e nano particelle di metalli pesanti”, ma anche su “altre sostanze propellenti o chimiche”. Stessa sollecitazione per “le onde elettromagnetiche eventualmente presenti nella base militare” o comunque “nel territorio di Teulada”, è scritto nell’esposto.

Il fascicolo è in mano al pm Emanuele Secci. Ma l’indagine non è finita. Il pubblico ministero ha disposto una super perizia, sebbene nel 2014 la Procura sia arrivata a una primissima conclusione: a Teulada ci sono sì residui radioattivi, tuttavia “in quantità contenute tali da non generare alcun allarme“. Eppure insieme ai fratelli Murgia hanno sottoscritto l’esposto anche un’altra ventina di teuladini, perché non ci sono solo sopravvissuti in quel lembo del Sud Sardegna, lungo la costa occidentale. Nel Comune del poligono, il secondo in Italia per estensione con 72mila ettari occupati, si contano pure morti per il linfoma di Hodgkin negli uomini e il cancro polmonare nei due sessi, “patologie prevalenti”, si legge ancora nell’esposto.

In ‘The wash’ si alternano tre scenari: uno reale, con uno dei fratelli Murgia che racconta la malattia di famiglia nello studio dell’avvocato Doglio, seduto dall’altra parte della scrivania; nel secondo ci sono le scene di guerra permanente, con ogni genere di esercitazione, comprese le esplosioni a fungo delle bombe lanciate in mare; il terzo scenario è la narrazione cinematografia sul candeggio quotidiano delle divise, in quella lavatrice semi-industriale che dà il titolo al film. Ogni giorno l’operazione si concludeva uguale a se stessa, con le mimetiche stese nella terrazza della casa familiare.

È stato l’avvocato Doglio a fare ieri il punto sulle indagini. Il legale ha ricordato i numeri della guerra, come raccontato nel 2016 dal dirigente dell’Arpas, Massimo Cappai, sentito allora in audizione dalla commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito. Gli ordini di problemi sono due: nel 2014 il governo Renzi ha equiparato i poligoni ai siti industriali, di fatto innalzando fino a cento volte i limite della contaminazione. Da quattro anni a questa parte, perché cobalto e arsenico vengano considerati sopra soglia devono arrivare rispettivamente a 50 e a 250 milligrammi per chilo, e non più a 20, come succedeva prima.

A fare da sfondo la penisola Delta, quella zona interdetta perché troppo inquinata. C’è di tutto lì, a cominciare dai missili Milan che non si usano più dal 2000, ma nel poligono di Teulada sono stati lanciati sino al 2004, malgrado avessero il tracciatore contente torio 232, quello stesso che li ha fatti finire fuori mercato. Una discarica da 566 tonnellate di bombe e residui bellici e che andrebbe bonificata. “Ma lo Stato, dopo le prime cinque tonnellate – ha concluso Doglio – ha deciso che l’intervento era anti-economico”. A Teulada non ne s’è fatto più nulla. Tritolo, missili e mortai restano nella penisola Delta. Coperti dai segreti militari su cui è sembrato allineato pure l’Ispra, l’Istituto superiore per la ricerca per la protezione e la ricerca ambientale, il cui presidente nel 2016, Bernardo De Bernardinis, ebbe a dire: “Le servitù militari hanno salvaguardato il patrimonio ambientale di Teulada dalle speculazioni edilizie”. Quella stessa primavera di due anni fa anche Giovan Battista Borrini, sottocapo di Stato maggiore dell’Esercito, non è stato meno sorprendente: “Tutti questi danni – ha chiosato – noi non li facciamo, sono sicuro”.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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