L’archeoastronomo: “L’archeologia ufficiale? Oscurantista e arrogante”

Archeologi sardi contro iI Fantarcheosardismo: non è una novità che gli accademici, quelli che occupano le poltrone di Università e Soprintendenza o che da anni lavorano e studiano in ambito archeologico prendano posizione contro gli appassionati di antichità, ‘colpevoli’ di inquinare un serio dibattito scientifico attorno al nostro passato con teorie più o meno credibili. L’archeologo Rubens D’Oriano, funzionario della Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro (ora unificata insieme a quella di Cagliari e Oristano in un unico ufficio) si è espresso duramente contro gli improvvisati dell’archeologia etichettandoli come ‘Fantarcheosardisti’. Tra le discipline guardate con diffidenza dagli accademici c’è anche l’archeoastronomia: secondo questa teoria i monumenti antichi della Sardegna avrebbero un orientamento che segue il sole e la luna. Mauro Peppino Zedda, archeoastronomo isolano, è citato nelle riviste di tutta Europa ma non ha lo stesso successo in terra sarda. 52 anni, contadino e laureando in Beni Culturali, ha pubblicato le sue osservazioni in riviste internazionali e ha dato alle stampe diverse monografie sul tema. L’ultima, ‘Archeoastronomia nella Sardegna preistorica’, è uscita due anni fa per Agorà Nuragica.

Zedda, gli archeologi sardi parlano di teorie folli. Si sente chiamato in causa?

Per nulla, anzi mi pare che l’unica follia sia stata quella degli archeologi ad aver riso sui miei studi di archeoastronomia, pubblicati in prestigiose riviste scientifiche.

mauro peppino zeddaEcco: l’archeoastronomia. Di cosa si tratta?
Sono da sempre appassionatamente curioso sulla struttura dell’universo e della storia umana, un mix che mi ha consentito di conoscere l’archeoastronomia a fine degli anni Ottanta, da allora ho studiato l’orientamento di nuraghi, tombe di giganti, dolmen, megaron, pozzi sacri, domus de janas in tutta l’isola. Ho misurato migliaia dei monumenti della Sardegna preistorica e protostorica pubblicando i risultati delle mie osservazioni in riviste scientifiche internazionali e in alcuni libri. Nel 2014 ho scritto il capitolo dedicato al significato astronomico dei nuraghi nel monumentale ‘Handbook of Archaeoastronomy and Ethnoastronomy’ edito dalla Springer, ovvero una delle case editrici scientifiche più importanti del pianeta.

Partiamo dai nuraghi: cosa ha scoperto?
Su 8000 nuraghi in Sardegna ne ho visitato circa mille e misurato 600: ho dimostrato che i nuraghi nel loro complesso sono disposti secondo regole geometriche e astronomiche, in altre parole sono allineati secondo schemi coincidenti con gli assi solstiziali e lunistiziali. Nei nuraghi complessi, le torri periferiche sono disposte secondo una geometria astronomica che segue i punti da cui sorgono il sole e la luna ai solstizi e lunistizi. Anche l’orientamento degli ingressi dei nuraghi monotorre e delle torri centrali dei nuraghi complessi mostra un significato astronomico. Corrisponde al sorgere del Sole nel solstizio d’inverno, della luna al lunistizio maggiore meridionale, e della costellazione del Centauro-Croce del Sud.

E le tombe di giganti? Anche queste hanno un orientamento che segue stelle e pianeti?
Ci sono molti studiosi di fama internazionale che si sono interessati di tombe di giganti, tra questi Edoardo Proverbio e Michael Hoskin, col quale ho lungamente collaborato. Ho studiato 331 monumenti ed è emerso che il picco degli orientamenti coincide con il lunistizio maggiore meridionale, dunque è verosimile che le sepolture seguissero un orientamento lunare piuttosto che solare.
Ma la cosa più straordinaria emersa dallo studio dell’orientamento delle tombe dei giganti nuragiche è che quelle della metà settentrionale dell’Isola seguono un costume di orientamento che deriva dai dolmen prenuragici, mentre quelle meridionali seguono l’orientamento delle domus de janas. Della questione ho scritto nel libro ‘Astronomia nella Sardegna Preistorica’ e in un articolo uscito nel ‘Journal for the history of astronomy’ nel 2014.

E veniamo alle sculture nuragiche Mont’e Prama, argomento su cui il dibattito è ancora acceso. Cosa c’era laggiu?
Ci sono molte teorie degli archeologi che non condivido, ad esempio i blocchi trovati durante lo scavo, che secondo loro sarebbero modellini di nuraghe a terrazzo quadrato, per me e anche per altri sono dei palesi capitelli quadrati di un monumento. E poi le cosiddette statue che per me non si reggevano in piedi autonomamente, o erano dei telamoni, come afferma l’architetto Franco Laner, o erano tenute in piedi con dei sostegni: buona parte delle statue ha i piedi liberi senza alcun basamento, è impossibile che restassero in piedi senza un appoggio o una compressione. Infine un appunto sul restauro che le ha ricomposte: penso che abbiano esagerato, ce ne sono alcune palesemente ricostruite con pezzi appartenenti a statue differenti, dei veri e propri Frankenstein.

L’architetto veneto Franco Laner crede che uno dei frammenti originali sia stato falsificato.
Forse l’amico Laner ha sbagliato a fare nomi e cognomi, ma sono convinto che le sue perplessità sul fatto che alcune possano essere state oggetto di un maquillage sia un contribuito alla conoscenza. Il mondo accademico archeologico sardo, a cui aggiungo i tecnici che operano nelle soprintendenze archeologiche e anche lo stesso Rubens D’Oriano che oggi tuona contro la ‘fantarcheologia’ (a proposito, perché costui non ha il coraggio di citare tutti gli accademici che hanno appoggiato le teorie di Sergio Frau sull’identificazione tra Sardegna e Atlantide?) , hanno dimostrato di essere arrogantemente oscurantisti nei confronti delle mie proposte, che, lo ripeto, sono state pubblicate in prestigiose riviste scientifiche internazionali.

Perché avrebbero oscurato le sue teorie?
Potrebbe essere che sono tremendamente ignoranti in geometria, oppure che riconoscere un significato astronomico dei nuraghi vorrebbe dire ammettere che non si trattava di fortezze ma di luoghi con preciso significato sacro e religioso. Crollerebbe un secolo di convinzioni, e riconoscerlo brucerebbe troppo agli archeologi sardi.

Francesca Mulas

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