La Sardegna colpita dal ‘metodo Foti’. Ora si riapre il caso su bidella suicida

Due anni, un percorso diventato un calvario insostenibile per una ex bidella di Sestu che, dopo 42 anni di lavoro, si trova coinvolta in una vicenda giudiziaria con un’accusa terribile: reato di violenza sessuale. A riportare alla luce la storia di Agnese Usai, 62 anni, collegandola ai fatti di Bibbiano, è Selvaggia Lucarelli sulle pagine del Fatto Quotidiano in cui viene descritto un percorso pieno di dubbi che ha portato a un epilogo tragico per la bidella che, nel 2018, si è tolta la vita lasciando un biglietto con scritto “sono innocente”.

Tutto inizia nel 2016 quando la donna scopre di essere indagata dalla Procura di Cagliari per il reato di violenza sessuale. È dal giorno che un filo rosso lega la Sardegna a Claudio Foti e ai suoi seguaci. I fatti risalgono al 2014 quando Agnese lavora in una scuola materna frequentata da una bimba di 4 anni: i genitori della piccola hanno notato negli ultimi tempi dei comportamenti strani. La piccola non vuole fare il bagnetto e ogni tanto fa brutti sogni o bagna il letto. Una sera la piccola – riporta il quotidiano – ammette che non vuole lavarsi perché ha paura dei mostri e racconta che la signora Agnese, in bagno, le accarezza la patatina e le lecca la faccia.

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È a questo punto che i genitori si rivolgono a una psicologa della Asl di Cagliari che ha spesso partecipato a incontri del Cismai (associazione di cui fanno parte psicologi e assistenti sociali di Massa Finalese a Bibbiano) e di Hansel & Gretel ed è esperta nella terapia Emdr, quella della macchinetta dei ricordi. Appuntamenti in cui c’erano, il alcune occasioni, Claudio Foti e Nadia Bolognini (coinvolti nella vicenda Angeli e Demoni). La psicologa, dopo aver ascoltato il racconto dei genitori conferma che i sintomi sono riconducibili a un possibile abuso. La bimba, nel frattempo inizia a frequentare una nuova scuola, mentre tra il 2015 e 2016 vengono interrogati il preside e alcune maestre. Nessuno ha avuto segnalazioni sul comportamento della bidella, una maestra si limita a dire che la bambina non ha mai manifestato segnali di disagio e un’altra sostiene che “Agnese era la collaboratrice ideale e qualche bambino era anche dispiaciuto del suo allontanamento”.

Nel frattempo per Agnese il tempo passa senza perquisizioni, non vengono messe telecamere nell’asilo e il suo telefono verrà intercettato solo dopo il 2016 ma senza alcun esito. Eppure la bambina racconterà che la bidella la riprendeva in bagno con il cellulare, ma quello di Agnese è un modello vecchio che non fa video e non naviga in rete. Dopo due anni e mezzo, nel 2017 per l’incidente probatorio, viene chiamata dalla psicologa cagliaritana una consulente di parte Cleopatria D’Ambrosio, che fa parte del direttivo dell’associazione ‘Rompere il silenzio’ di Claudio Foti. Anche per lei i segni dell’abuso sono presenti, nonostante la per la consulente del giudice la piccola è parsa senza particolari segni post traumatici. Passano il tempo e dopo due anni di percorso con le psicologhe, un giorno il fratellino della piccola racconterà che la sorellina “ha provato a infilarmi un dito nel culetto”. Crescendo, i ricordi della minore si fanno più nitidi, tanto che chiama in causa anche un’altra maestra che “c’era sempre quando Agnese mi faceva del male, sbirciava dall’oblò mentre mi toccava la patatina”.

Un’accusa gravissima sulla quale, però, nessuno ha indagato. Infine quando il giudice ha chiesto alla bimba di descrivere Agnese la risposta è stata ha i capelli gialli e lunghi sino alle spalle, ma la bidella aveva i capelli cortissimi e bianchi. Tanti i dubbi e le dichiarazioni contraddittorie attorno a questa vicenda, anche perché la bimba non è mai stata portata da un ginecologo per una visita. Per la bidella si profilava un processo, troppo per lei che il 6 maggio del 2018 ha deciso di togliersi la vita, perché non sopportava più le accuse.

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