Il principe Karim e la contessa ‘verde’: ecco la storia del Master plan mai nato

“Non trasformate le coste sarde in succursali di Rimini e Riccione”. La frase è di Giulia Maria Crespi, fondatrice del Fai, il Fondo ambiente italiano. Un monito di tutela ambientale espresso quaranta anni fa dalla ‘Contessa verde’ che, paradossalmente, ha fermato il business del mattone dell’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al Thani. Il quale sarebbe pronto a vendere il pacchetto azionario in Costa Smeralda visto il divieto di tirare su mattoni nei duemila ettari di terreni agricoli fronte mare acquistati sette anni fa insieme agli alberghi di lusso. Una frase, quella di Giulia Maria Crespi, detta nell’estate del 1983 ad un giovane e democristiano sindaco, Tino Demuro, il quale si opponeva con veemenza alla richiesta, da parte degli architetti del principe Karim Aga Khan, di un Master Plan urbanistico e infrastrutturale che prevedeva la edificazione monstre di 12 milioni di metri cubi. Una colata di cemento da versare sui duemilasettecento ettari di terreni fronte mare che il gruppo di imprenditori facente capo al principe ismaelita aveva comprato nel Nord Est della Sardegna negli anni Sessanta.

Tino Demuro

“La proposta iniziale partiva da 12 milioni di metri cubi – ricorda Tino Demuro, oggi imprenditore vitivinicolo e profondo conoscitore della realtà politica, culturale e imprenditoriale del Nord Sardegna -, e da subito l’avevamo considerata irrealizzabile. Riuscimmo invece a concordare un accordo di programma da 5 milioni e ottocentomila metri cubi, ma non venne però mai ratificato per le interferenze di diverse forze in campo, prima tra tutte la Regione che apportò modifiche al nostro piano prevedendo, al di fuori di ogni regola, maggiori volumetrie edificabili. Questo interferire sulle scelte locali congelò di fatto ogni iniziativa edilizia fino ad arrivare al pronunciamento del Consiglio di Stato che riconobbe la legittimità delle posizioni del Comune di Arzachena. Le Giunte regionali successive posero paletti urbanistici tali che costrinsero di fatto il principe a rinunciare ai propri programmi di investimento e abbandonare il consorzio della Costa Smeralda (gestore di Porto Cervo)”.

Il gruppo imprenditoriale che faceva capo a Karim Aga Khan, guidato da Kerry Mentasti, aveva comprato 2700 ettari nel territorio di Arzachena e cinquecento ettari, tutti fronte mare, in quello di Olbia. Ad Arzachena dagli anni Sessanta a oggi è stato costruito tantissimo nelle zone turistiche di Porto Cervo, Baja Sardinia e Cannigione, superando oltre tre milioni di metri cubi tra hotel di lusso, ville, appartamenti, condomini e infrastrutture. Per contro, nulla è stato realizzato sinora nei cinquecento ettari di competenza di Olbia, dove non è stata versata una sola carriola di cemento Si è costruito da Porto Rotondo a Portisco, che confina con Razza di Juncu, in Costa Smeralda, ma non oltre.

Inconsapevolmente Tino Demuro, prevedendo un Master Plan mai realizzato da 5,8 milioni di metri cubi, riuscì dagli anni Ottanta a limitare l’invasione del cemento sulla costa, in un’epoca dove mancavano o erano nulle le attuali sensibilità sulla tutela paesaggistica, pur nel rispetto della legge Soddu che impediva, dagli anni Settanta, di costruire a 300 metri dal mare. Tino Demuro, memore di quel monito ricevuto durante una cena dalla contessa ambientalista, parla oggi di una “maggior attenzione nello studio di nuovi strumenti urbanistici. Prima di andare alla ricerca di nuove potenzialità volumetriche – spiega l’ex sindaco -, è necessaria la riqualificazione dell’esistente. I condoni edilizi che si sono susseguiti nel tempo hanno generato un sottobosco di edilizia abitativa ignota alle tabelle parametriche che pure accentua l’attuale carico urbanistico”.

Un dato per tutti: il milione e 100mila metri cubi realizzati (e sanati) fuori da ogni regola impediscono al territorio di Arzachena realizzazione di una sola stalla, in quello che un tempo era il paese degli stazzi. Un futuro non certo roseo per chi, con oltre 2.200 ettari di terreni ancora vergini, intende investire sul mattone. Una realtà che ha spinto l’emiro del Qatar a programmare il suo disimpegno dalla Costa Smeralda.

Giampiero Cocco

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