Il Gambero Rosso premia Stefano Pibi: panificio valutato tra i migliori d’Italia

Prima di diventare maestro lievitista Stefano Pibi ha passato buona parte della sua vita a lavorare dietro una scrivania. Fino a qualche anno fa non avrebbe mai immaginato che superati i cinquanta avrebbe trascorso la giornata vicino a un forno, impegnato a preparare pane, pizza e panettoni. È stato a lungo manager di Tiscali – era responsabile commerciale per la pubblica amministrazione – poi si è reso conto che la doppia vita di ingegnere e panificatore non poteva durare; così nel 2016 si è dimesso per potersi dedicare completamente alla sua passione e progettare l’apertura della sua bakery, locale e forno insieme, avvenuta poi un anno e mezzo fa circa in viale Colombo a Cagliari. Ora il suo laboratorio, PBread, ha ottenuto un riconoscimento importante: è stato inserito nella mappa dei migliori panifici di ricerca italiani, unico sardo, compilata dal Gambero Rosso. “Un riconoscimento importante”, dice Pibi, “che premia il nostro lavoro. In tutta Italia ci sono panifici come il mio che vanno nella stessa direzione. Non ci limitiamo a eseguire le buone ricette che troviamo, ma andiamo a sperimentare sulle tecniche per ottenere un prodotto migliore. A beneficio del rispetto della materia prima e del prodotto finale”.

Pibi, ex ingegnere elettronico nato a Cagliari 53 anni fa, è sempre stato appassionato di gastronomia. Gli studi all’università se li è pagati lavorando nei ristoranti a Roma. Una volta laureato ha iniziato a lavorare come ingegnere per diverse aziende, come la Saras e Tiscali, ma nel tempo libero continuava a coltivare la passione per la cucina. “Mi piaceva cucinare, preparare dolci, e me la cavavo bene. In effetti l’unica cosa che non preparavo per conto mio era il pane. Però non riuscivo a trovare in giro prodotti che mi piacessero e ad un certo punto mi son detto: quasi quasi mi metto a fare anche i lievitati. Un’amica mi ha consigliato di usare il lievito madre. Quando me l’hanno regalata è stato, come si dice, amore a prima vista”. La passione letteralmente esplode e Pibi – pur continuando a lavorare a Tiscali – inizia a dedicare ogni momento libero a panificare e studiare. “Sperimentavo moltissimo un po’ tutto quello che riguarda l’arte bianca: pane, pizza, pan bauletti, pan brioche. Fino al più difficile di tutti: il panettone”. Pibi attualmente è considerato un maestro, ma i primi panettoni non furono esattamente un successo. “Ci ho messo un po’ per arrivare a farlo uscire veramente buono. Inizialmente da autodidatta, poi ho seguito i corsi dei maestri lievitisti italiani”. Quando si rende conto di aver raggiunto un ottimo livello – nel 2016 è arrivato terzo al premio nazionale “Il panettone secondo Caracciolo” – si dimette da Tiscali e lavora all’apertura del suo locale cagliaritano, un panificio di concezione contemporanea chiamato PBread, dove prodotti come pani, pizze e lievitati da forno sono creati artigianalmente in loco.

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Tra le sue creazioni più apprezzate c’è il panettone, prodotto praticamente tutto l’anno cercando di sperimentare il più possibile e di crearne varianti diverse, pur nel rispetto della tradizione. Lo chef ne ha creato una variante sarda, con semola, ricotta di pecora, zafferano, miele, lievito madre: “Ma non è un vero e proprio panettone”, precisa. È sui pani però che la ricerca sulla tradizione sarda va più in profondità, a testimonianza di una passione enorme per le materie prime e le eccellenze del territorio. “Quando ho iniziato a fare il pane i primi esperimenti li ho portati avanti con il grano tenero, che è più facile da utilizzare. Le difficoltà sono iniziate quando mi sono avvicinato alle materie tipiche della tradizione, le semole, i macinati di semola, il grano duro. Ho iniziato un lungo lavoro di ricerca sui pani del passato e sull’affinamento delle tecniche, in modo da ottenere un pane soffice, con una bella crosta, profumato, ma che non fosse “pesante” – passami il termine – come certi pani tradizionali”. Nel catalogo delle produzioni di Pibi rientrano il pane arrubiu di Tuili, con zafferano, uvetta, arancia e miele (“una mia ricetta leggermente rivisitata”), e il pan’e saba: “Questo lo preparo con molta meno sapa, e risulta una specie di civraxiu con sentore di sapa. Lo preparo anche nella variante con sapa di miele, o abbamele, che prendo dalle Tenute Rossini di Laerru”.

Pibi si serve del grano duro del consorzio Grano Cappelli di Tuili, ed è facendo ricerca su questo grano che ha deciso di andare ancora più a ritroso: “Il Cappelli risale ai primi del Novecento, allora mi sono chiesto: ma prima ancora cosa c’era? Ho scoperto tantissime altre varietà. Su trigu arrubiu, su trigu moru, murru, biancu. Il problema è che non si trovano praticamente più. Gli unici che hanno riscoperto i grani antichi sono quelli dell’azienda agricola Sa Laurera, con cui collaboro. Quando hanno su trigu arrubiu, che producono, me lo portano per farci il pane. Ho scoperto che quello fatto coi grani antichi viene meglio: soffice, profumato, ricco di gusto, digeritile, con caratteristiche organolettiche eccellenti”.

Andrea Tramonte

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