Il padre delle sorelle uccise dal treno: “Voglio trasformare questa ingiustizia in bene”

“Non riesco a nutrire rancore, rammarico o amarezza dall’inconsulto vociare continuo e costante che si è scatenato all’indomani della tragedia. Voglio che le mie bimbe non siano morte invano, che questa disgrazia porti a qualcosa di buono, a un bene assoluto. Per tutti”.

È quanto Vittorio Pisanu, padre di Giulia e Alessia, le sorelle di origini sarde travolte da un treno in stazione a Riccione domenica 31 luglio, scrive in una lettera toccante pubblicata da Repubblica. Dopo l’ultimo saluto alle due ragazze di 17 e 15 anni residenti a Castenaso, al funerale del 5 agosto ha partecipato tutta la comunità, il padre, con il quale vivevano le giovani, ha messo nero su bianco le sue emozioni, rompendo il silenzio. Una lettera accorata, piena di dolore e amarezza.

“Vivo la sofferenza confortato dalle tante persone che hanno inondato me e la mia casa di un’umanità e dolcezza che va oltre misura e immaginazione — scrive Pisanu che ha lasciato Senorbì per motivi di lavoro— vivo la sofferenza per l’immane tragedia che ha colpito la mia famiglia, e la consapevolezza del nuovo inizio che mi attende, nel fervido desiderio di provare a trasformare l’ingiusto evento in bene assoluto”.

Giulia e Alessia avevano trascorso una serata in Riviera e, prima dell’incidente, avevano contattato il padre, che era sempre andato a prenderle quando andavano a ballare, dicendo che sarebbero rientrate in treno.

Un pensiero, prosegue la lettera, Pisanu lo rivolge anche a coloro che hanno “espresso giudizi severi verso la mia persona. Sono convinto che ognuno di loro – conclude – possa trarre insegnamento per la vita che verrà. Vorrei che da questa disgrazia, da questa immensa perdita, si possano trarre nuove energie per plasmarla in amore puro. Affinché da questo vuoto, da questa banalizzazione del male, dal cinismo della disperazione, possa nascere e crescere rigoglioso l’amore verso il prossimo; uno spirito nuovo che possa infondere nella comunità speranza e fiducia. Perché le bimbe, le mie bimbe, le nostre bimbe, i nostri angeli, non siano arrivati in cielo invano”.

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