Il conte visionario ha un nuovo sogno: “Porto Rotondo sia patrimonio Unesco”

Tra i suoi avi annovera tre dogi di Venezia, che devono avergli lasciato nel sangue quella naturale aristocrazia, nei modi e nella gentilezza, che sembra andare ben oltre il patrizio titolo nobiliare: conte Luigi Donà dalle Rose è veneziano delle ‘Fondamente Nove’, la ‘muraglia’ della città lagunare dove sorge il palazzo di famiglia costruito nel primo decennio del Seicento. Ma quasi un secolo e mezzo prima, precisamente nel 1476, il casato ricevette la rosa d’oro da papa Sisto IV in persona.

Donà dalle Rose (nella foto di copertina) ha raggiunto pochi giorni fa gli 80 anni, cinquanta dei quali trascorsi a rendere sempre più bello e affascinate il suo borgo marino in terra sarda, nato da una idea avuta con il fratello Nicolò, scomparso alcuni anni fa. Un borgo d’élite, nel Comune di Olbia, improntato alle polis greche e alla ‘loro’ Venezia, una meta del buen retiro arricchita con arte, cultura, una chiesa e il teatro. Ma soprattutto ville incastonate nel verde della macchia mediterranea e nei graniti rossi della costa, architettura-gioiello per la quale il conte Luigino coltiva un sogno: inserire la ‘sua’ Porto Rotondo nell’elenco del patrimonio artistico dell’umanità, sotto il patrocinio dell’Unesco. Un sogno ricorrente che dedica al fratello scomparso e agli amici e artisti che ne hanno condiviso le iniziative in tutti questi anni.

Luigi e il fratello Nicolò vanno senza dubbio inseriti d’autorità tra i pionieri del turismo in Sardegna, e il loro nome resta scritto in cima al palmares regionale, a pari merito con quello del principe ismailita Karim Aga Khan, il fondatore della Costa Smeralda e di Porto Cervo. Era il 1964 quando Luigi Donà dalle Rose, insieme al fratello Nicolò, cominciò a creare dal nulla Porto Rotondo. “Ma nell’Isola – ricorda – giunsi sin dal 1951, quando avevo soltanto 11 anni. Mio padre portò me e mio fratello Nicolò in un viaggio di lavoro, e attraccammo a Tavolara . Con le pinne e le maschere che ci aveva appena regalato ci immergendo in quel mare trasparente e restammo senza fiato, circondati da una miriade di pesci”.

Trascorse gli anni dell’adolescenza tra pesca subacquea e feste sul Canal Grande, sino a quando i due fratelli non decisero di gettarsi a capofitto (facendosi molto male, sotto il profilo finanziario) nel mondo immobiliare. Un lavoro durato mezzo secolo – proprio quest’anno si celebra il cinquantenario della fondazione del borgo – e che nel tempo ha trasformato Porto Rotondo in centro turistico residenziale molto glamour. Di sicuro più celebrato di Saint Tropez e più esclusivo di Cannes.

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Luigino Dona Dalle Rose ricorda che nel lontano 1963 l’idea di realizzare qualcosa di bello e concreto nell’Isola si concretizzò quando “Vittorio Cini, grande imprenditore con il pallino per la politica, un amico di mio padre, seguendo le orme di Karim decise di comprare i terreni su cui oggi sorge Porto Rotondo realizzando un albergo, l’Abi d’Oru. Un hotel che rimase vuoto per oltre un anno, poi destinato al declino. Decidemmo quindi lanciarci nell’impresa, acquistando terreni attorno al porto per realizzare un nuovo insediamento in Sardegna: una piazza, una chiesa e un porticciolo, attorno soltanto ville: la prima fascia con diecimila metri quadri di terreno, la seconda da cinquemila metri quadri. Il progetto dell’architetto Alessandro Pianon prevedeva solo lotti per ville e un ostello, lo Sporting, che più che un hotel, con appena dieci camere, era uno yacht club”.

Il sogno dei fratelli Donà dalle Rose si trasformò in realtà e grazie alle loro illimitate conoscenze nel jet set, della cultura, dell’arte, del cinema, dello spettacolo e della politica, divenne famoso nel mondo. Il piccolo ed elitario borgo si trasformò in un centro che richiamava vip da ogni angolo dell’Europa.

“Porto Rotondo – ricorda con nostalgia il conte veneziano – divenne celebre grazie al semplice passaparola tra artisti e imprenditori. A Ira Furstenberg regalammo il terreno sul quale realizzo la sua villa, e quella spiaggia prese il suo nome. Poi acquistarono casa Philippe Leroy, Virna Lisi, Monica Vitti, Antonioni, Gassman, Tognazzi, Villaggio, Gianni Morandi, Walter Chiari, Claudia Cardinale, Mogol, Shirley Bassey, Raquel Welch. Poi arrivarono Carl Hahn (il patron della Volkswagen), Aga Hruska, (il dentista di papi e monarchi). Che si ritrovavano per un aperitivo in piazzetta San Marco con Umberto Agnelli, il principe Dado Ruspoli, la numerosa famiglia dei gioiellieri Bulgari, e ancora i Barilla, la indimenticabile amica Marta Marzotto e Krizia, che con la sua grande cultura e competenza ha fatto tanto per Porto Rotondo”.

Così sino al ciclone Silvio Berlusconi, che per vent’anni catalizzò l’attenzione dei media su di sé e su villa Certosa. Una mega maison sul versante est di Porto Rotondo che il Cavaliere aveva acquistato, nei primi anni Ottanta dall’imprenditore di Terralba Flavio Carboni, un costruttore che all’epoca aveva monopolizzato l’edilizia lungo tutta la costa, tanto da avere aperti, in contemporanea, un centinaio di cantieri che davano lavoro a migliaia di maestranze.

Ora a Porto Rotondo è il momento della nomenclatura russa. Che non bada a spese pur di accaparrarsi le migliori ville con vista sul mare che guarda sull’isola di Mortorio e delle Biscie, verso la Costa Smeralda. Tutto sull’onda dell’incidente in cui rimase coinvolto l’ex premier russo Boris Nikolaevič Eltsin il quale, nel settembre del 2005, scivolò sul bordo della piscina di una villa di Porto Rotondo dov’era ospite e venne accompagnato, sotto una impressionante scorta, all’ospedale di Olbia. Da qui a bordo di un Tupolev inviato dal suo delfino e successore Vladimir Putin – che era ed è ancora ospite fisso alla Certosa – fece rientro a Mosca, dove venne operato. Quella caduta fece conoscere Porto Rotondo a Mosca.

Cinquant’anni dopo molto è cambiato nel borgo dei Dona Dalle Rose. Lo zoccolo duro è rimasto, i vecchi proprietari non si ritrovano più in piazzetta, ma si danno appuntamento al chiuso delle loro ville, con pranzi o cene riservati.

Nel frattempo l’arte e la cultura hanno moltiplicato il valore aggiunto di Porto Rotondo. Una chiesa unica nel suo genere, quella di San Lorenzo; un campanile in legno pregiato, giunto direttamente dalla Svezia, un teatro, la via della catena alimentare di Emmanuel Chapalain, lastricata di pesci che dal centro del borgo porta alla piazzetta San Marco. Gioielli incastonati tra il verde pubblico e le ville di proprietà. “Per tutelare tutto questo abbiamo creato la Fondazione. Nel borgo di Porto Rotondo – spiega Luigi Donà dalle Rose – ci sono opere realizzate da Ceroli, Cascella, Sangregorio, Chapelain. Ecco perché ogni notte mi addormento e faccio lo stesso sogno: mantenere intatte, anche tra cento anni, queste opere d’arte: la piazzetta, la chiesa, la via del Molo. E il teatro, che deve essere ancora completato. La Fondazione non ha scopo di lucro, ma il suo unico obiettivo è favorire la cultura e consentire che tutto questo, un giorno, venga classificato come patrimonio artistico dell’umanità, riconoscimento mondiale dell’Unesco”.

Giampiero Cocco

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