I punti oscuri dell’emergenza incendi: dagli allarmi alle mosse della Regione

Al sesto giorno dall’inizio dell’emergenza incendi che ha messo in ginocchio il Montiferru, arrivano le prime informazioni sulla possibile natura dei roghi: secondo quanto trapela dalle indagini del Corpo forestale almeno due su tre sarebbero di origine dolosa. Spetterà alla Procura di Oristano accertarlo nell’ambito dell’inchiesta aperta per incendio colposo aggravato.

Nel frattempo però da più parti ci si domanda come sia stato possibile che si sia verificato un incendio di tali dimensioni, dalle prime stime 20mila ettari. Era possibile prevenire gli incendi? Si sarebbe potuta evitare una catastrofe del genere? O ancora  il sistema di prevenzione era adeguato? La macchina organizzativa regionale era preparata?

A far ipotizzare che qualcosa non stesse andando proprio per il verso giusto ci aveva pensato il 7 giugno il comitato spontaneo Montiferru con una lettera, pubblicata sul sito Ornews.it, inviata al sindaco del Comune di Cuglieri, all’assessore all’Ambiente, ai comandanti della stazione Forestale e dei Vigili del fuoco del paese.  Cuglieri è stato uno dei paesi più danneggiati, colpito al cuore dal fuoco che ha bruciato il suo simbolo, l’olivastro millenario di Sa Tanca Manna. Ecco cosa scriveva il comitato dei cittadini un mese fa: “Su questo territorio formato da diverse centinaia di ettari di bosco, insiste uno stato di abbandono e di incuria che ha trasformato la montagna in una bomba ad orologeria. La vegetazione abbandonata a se stessa, a causa della mancanza di politiche di forestazione, di piani di prevenzione  della pianificazione di tagli controllati, in numerosi punti, è diventata talmente fitta e impenetrabile da rappresentare un pericoloso deposito di combustibile alla mercé di qualunque piromane che può svegliarsi la mattina e decidere di appiccare un incendio senza lasciare nessuna possibilità di spegnerlo e vederlo continuare a bruciare fino a quando non sarà consumato l’ultimo albero. È possibile che ognuno di voi, dirigenti, politici, si sia dimenticato del disastro del 1994?”. Davanti a questi problemi, a chi spettava intervenire?

VIDEO. L’inferno ripreso dall’elicottero: Montiferru trasformato in un braciere

Sulla gestione politica della Regione targata Solinas si sofferma invece l’ex assessore della Giunta Pigliaru, Paolo Maninchedda, con una serie di domande sul blog Sardegna e Libertà. Si chiede perché il comandante del Corpo Forestale “non abbia ancora adottato, ad oggi, i Piani ripartimentali cioè i piani operativi della campagna antincendio”. Il via libera per Maninchedda sarebbe stato ritardato da una mancata intesa: “La Regione, impegnata in un’operazione elettorale sui contratti dei forestali e dei dipendenti di Forestas (approvata dalla Corte dei Conti e bocciata dalla Corte Costituzionale), è al corrente che Forestas ha chiesto l’intesa sui Piani ripartimentali e che questo ha ritardato l’adozione dei Piani stessi? Questa è una responsabilità o no?” Non solo: “È vero o non è vero che l’assessorato del Personale e il presidente della Regione hanno assistito alla decadenza, l’8 luglio, nel mese più critico, dei dirigenti del Corpo Forestale anziché prorogarli?”. Dubbi anche sulla questione delle forze effettivamente in campo per contrastare le fiamme, domate solo grazie all’aiuto dei Canadair arrivati da Francia e Grecia.

Ci sono poi gli interrogativi sollevati da Europa Verde in un esposto presentato alla Procura di Oristano e che riguardano la prevenzione incendi a livello nazionale: “Nell’estate del 2020 gli incendi sono aumentati del 20 per cento. Una situazione, quindi che si doveva e poteva poteva prevedere. Continuiamo a domandarci perché non si siano presi provvedimenti acquistando nuovi Canadair, considerando che anche negli anni scorsi si era certificata l’insufficienza di questi mezzi di soccorso indispensabili per fronteggiare prontamente la situazione. Il problema si deve far risalire alla questione del Corpo Forestale, del quale si sono perse molte esperienze e capacità a causa della cosiddetta riforma Madia che ha militarizzato il Corpo da quando è transitato nell’Arma dei carabinieri. Così dei 36 velivoli antincendio presenti nella flotta, ben 18 non possono volare perché entrando a far parte del Corpo dei Carabinieri, che non ha ancora acquisito le competenze necessarie, rimangono a terra”.

Rimane infine un altro tema in ballo, quello del telerilevamento per la prevenzione degli incendi grazie a un sistema di telecamere a infrarossi. Una tecnologia messa a punto proprio in Sardegna dalla società Teletron e adottata dalla Regione. Seguenda la ricostruzione fatta dal Gruppo d’Intervento Giuridico, alla fine del 1993, risultavano operativi in Sardegna 25 impianti a cui ne seguirono altri 25. “Secondo quanto programmato – scriveva l’associazione ambientalista -, i sistemi di monitoraggio ambientale coprirebbero la gran parte delle aree più importanti sul piano naturalistico e ambientale, in grado di rilevare principi di incendio a distanze sino a 20 chilometri, con copertura nell’infrarosso continua. Possono identificare con tecnologia mista il fumo di giorno, il tutto entro tre minuti dall’insorgere dell’evento e geolocalizzare sul sistema cartografico il luogo di sviluppo del focolaio. Possono, quindi, esser utili anche per le indagini di polizia giudiziaria e per la pianificazione degli interventi a difesa del territorio. I primi impianti, operativi nelle aree di Lanusei, dei Sette Fratelli e di Neoneli, avrebbero dimostrato sensibile efficacia, visto che ben l’85% degli incendi si sarebbe verificato al di fuori della portata dei sensori di rilevamento”.

Eppure i processi di collaudo e messa in opera nell’Isola rallentarono, fino a fermarsi. Non a caso nel 2018 il Tribunale di Cagliari ha condannato la Regione perché nel 2008 si rifiutò di dare il via libera. Se il telerilevamento fosse stato in funzione oggi, come lo è in altre parti d’Italia,  avrebbe evitato il disastro?

Andrea Deidda

andrea.deidda@sardiniapost.it

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