“Ha favorito la diffusione della peste suina”. Indagato un allevatore di Lanusei

Il sospetto che la peste suina per qualche allevatore fosse diventata un business non è nuovo. Nel dicembre del 2011 lo lanciò pubblicamente Luigi Usai, titolari a Loceri di un grosso allevamento di suini, la Gardalis. Un allevamento modello che fu chiuso perché era stato registrato un focolaio di peste suina in un altro allevamento non distante dal suo in termini chilometrici, ma lontanissimo dal punto di vista igienico. Risultato: Usai dovette chiudere per mesi il suo allevamento modello.

Ora il dubbio che ci sia chi ‘favorisce’ la diffusione della peste suina per avere gli indennizzi si è tradotto in un’indagine giudiziaria condotta dal procuratore capo di Lanusei Domenico Fiordalisi e dal sostituto procuratore Nicola Giua Marassi che hanno indagato un allevatore della zona, il trentaduenne Daniele Mucelli di Lanusei, per il reato di “diffusione di malattia” e per aver messo in pericolo il patrimonio zootenico. L’accusa è sostenuta da un elenco di violazioni rilevate dagli agenti del Corpo forestale. Si va dall’assenza di una piattaforma per la disinfezione dei mezzi, alla mancata manutenzione delle strade per accedere all’allevamento, dall’assenza di adeguati servizi igienici alla pratica di tenere i mangimi in luoghi non protetti. Un quadro che descrive non solo il mancato rispetto delle norme imposte per evitare la diffusione della peste suina, ma che addirittura sembra realizzato per favorirla.

Il reato contestato all’allevatore è previsto dall’articolo 500 del codice penale che recita: “Chiunque cagiona la diffusione di una malattia alle piante o agli animali, pericolosa all’economia rurale o forestale, ovvero al patrimonio zootecnico della nazione, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.

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