Fluorsid, il laghetto prosciugato dell’ex cava di Monastir

Si allunga ancora l’elenco delle discariche abusive sequestrate dagli agenti del Corpo Forestale nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Cagliari per presunto disastro ambientale causato dalla Fluorsid (qui la cronaca). L’ultimo sequestro (nove siti che occupano venti ettari) è di oggi, 19 giugno, sono terreni che rientrano nell’area industriale di Macchiareddu, tra Cagliari e Assemini. L’interramento e il tombamento degli scarti di lavorazione altamente inquinanti è riportato in più passaggi dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dalla gip Cristina Ornano. Nonché citato in alcune intercettazioni – poi confermate dagli interrogatori – sia tra dirigenti Fluorsid che tra i dipendenti della Ineco, ditta d’appalto di proprietà di Armando Bollani (tra gli arrestati). Lo stesso Bollani, secondo l’accusa, aveva acquistato alcuni terreni proprio a questo scopo. Tra questi c’è il caso dell’ex cava di Monastir, raggiungibile da una piccola stradina dalla strada statale 128 in direzione Senorbì.

SardiniaPost, in compagnia degli uomini del Corpo forestale, ha potuto visitare l’area di 11 ettari posta sotto sequestro. Superato l’ingresso il terreno è totalmente pianeggiante, spiccano alcuni gruppi di canne spontanee, segno della presenza d’acqua. Lì, infatti, c’erano un bacino naturale di cui al momento non c’è traccia: l’acqua riempiva una voragine profonda circa nove metri, utilizzata – secondo quanto riferito dagli agenti della Forestale – fino al 2012 anche dagli elicotteri del servizio antincendio (leggi qui). La superficie del terreno è un pulviscolo sottile, quasi impastato vicino al fronte di cava che sarebbe stato ‘grattato’ per ripianare l’enorme buco ricoperto in meno di una settimana – secondo la ricostruzione – da un abile ruspista della ditta Ineco. Sotto, come si può leggere anche in un passaggio dell’ordinanza, sono stati interrati rifiuti industriali in modo illecito, centinaia di estintori, la carcassa di un camion già presente in un terreno e quella di un’auto. Il sistema utilizzato è quello delle trincee, poi via via ricoperte dal materiale recuperato dalla parete di cui attualmente è visibile una parte. Sullo sfondo le greggi che pascolano vicino al nastro bianco e rosso dei sigilli giudiziari.

mo. me. 

 

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