Fondi Vaticano, sentiti tutti i testimoni: in aula anche il cardinale Becciu

Con l’ultimo scampolo di interrogatorio all’avvocato operante a Londra, Nicola Squillace – coinvolto nel novembre-dicembre 2018 nella preparazione dei contratti per l’acquisto del Palazzo di Sloane Avenue 60 -, si sono concluse nel processo in corso in Vaticano le escussioni degli imputati, dando il via subito dopo all’ascolto dei primi testimoni convocati dall’accusa.

Dei dieci imputati nel processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, giunto oggi alla sua 26° udienza, solo Cecilia Marogna e Gianluigi Torzi non si sono presentati in aula per essere interrogati, mentre tutti gli altri, dal cardinale Angelo Becciu in poi, hanno accettato di rispondere alle domande. Introducendo oggi la nuova fase di ascolto dei testi (in lista nel processo ce ne sono circa duecento, ma dovrebbero poi scendere molto di numero) il presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone ha voluto sottolineare che “gli interrogatori degli imputati sono stati fatti dando il più ampio spazio possibile a tutti, forse persino troppo, ammettendo anche moltissime domande che magari potevano non essere ammesse”.

“Per quanto riguarda i testimoni – ha quindi raccomandato alle parti – ricordiamoci che questo è un processo celebrato col vecchio rito, in base al Codice Finocchiaro-Aprile del 1913: quindi diamo per lette tutte le carte agli atti, le domande del promotore di giustizia e delle difese devono essere mirate e riguardare specifiche questioni. Non possiamo ripetere in aula ciò che è già agli atti”.

Chiamato quindi a deporre il primo teste dell’accusa, Roberto Lolato, esperto nel campo immobiliare-finanziario, la difesa di Fabrizio Tirabassi – avvocati Massimo Bassi e Cataldo Intrieri – ha subito opposto un’eccezione tendente a ritenere Lolato un perito, al fine di escludere la sua attività nel processo, considerandola nulla non essendo stata elaborata in contraddittorio fra le parti, e la sua stessa deposizione in aula.

Tutte le difese si sono associate, mentre il Pg, Alessandro Diddi ha replicato che Lolato “non ha svolto una perizia, ma solo una “ricostruzione documentale” lavorando sul materiale acquisito dalla Polizia giudiziaria. Dopo un’ora di camera di consiglio, il presidente Pignatone ha però respinto l’eccezione delle difese, qualificando Lolato come “consulente tecnico di parte” e disponendo quindi l’immediato ascolto. Le domande di Diddi, poi delle parti civili e delle difese, al consulente hanno riguardato in particolare la storia del palazzo di Londra e le sue valutazioni: ce ne sono state diverse, dalla prima acquisizione da parte del Fondo Athena di Raffaele Mincione per 137 milioni di sterline, fino a quelle pari a 196 milioni di sterline, all’assestamento sui 230 milioni di sterline, poi la vendita finale da parte della Segreteria di Stato, il 4 dicembre scorso, per 186 milioni di sterline.

Si è sottolineato che la Santa Sede non approfittò del permesso edilizio per ampliare e valorizzare l’immobile, scaduto nel dicembre 2019, quindi un anno dopo l’acquisto da Mincione. Con Lolato si continuerà domani, anche su quanto è costata tutta l’operazione alla Segreteria di Stato, mentre si sentirà anche il revisore generale dei conti vaticani, Alessandro Cassinis Righini, dal cui ufficio partì nell’estate 2019 una delle due denunce – l’altra era dello Ior – che fece partire l’indagine vaticana e successivamente tutto il processo.

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