Festival Scienza, nello studio dei neutrini passato e futuro dell’universo

“I neutrini sono una fonte inesauribile di informazioni e in un futuro ci permetteranno di scattare una fotografia dell’origine dell’universo a due secondi dalla sua nascita”. Nelle parole di Biagio Saitta, ordinario di fisica dell’Università di Cagliari, durante la conferenza “Neutrini: una risorsa quasi inesauribile”, si racchiude il focus del tema dell’undicesima edizione del Festival Scienza (leggi qui), “Scienza e risorse”.

“Lo studio di queste particelle ci da tantissime informazioni su molti campi della fisica: a partire dalla struttura della materia passando per quella stellare e arrivando alla cosmologia – ha detto l’ordinario di fisica -. La loro scoperta è relativamente recente. La loro esistenza è stata proposta nel 1930 dal fisico austriaco Wolfgang Ernst Pauli, per spiegare le osservazioni sperimentali relative al cosiddetto decadimento radioattivo di tipo beta dei nuclei atomici, ma devono il loro nome ad un italiano Enrico Fermi che ha elaborato l’ipotesi del fisico austriaco qualche anno dopo. La svolta si ebbe circa 20 anni dopo quanto i neutrini furono osservati e ‘catturati’ per la prima volta, esattamente nel 1956, dai fisici Clyde Cowan e Frederick Reines. Oggi si conoscono tre famiglie di neutrini detti neutrino elettronico, neutrino muonico e neutrino tau”.

I neutrini sono particelle prive di carica elettrica e con una massa estremamente piccola che non si è ancora riusciti a misurare. Interagiscono molto raramente con la materia e per questo possono infatti attraversare praticamente indisturbati enormi spessori di materia. “Noi stessi siamo attraversati da miliardi di neutrini ogni secondo – ha aggiunto Biagio Saitta – come la terra e tutto l’universo, ma solo uno di essi si combina con gli atomi presenti nel corpo di una persona; la quale, a sua volta, ne produce 340 milioni che ogni giorno si perdono nello spazio”.

Queste particelle sfuggenti sono soggette ad un fenomeno chiamato “oscillazioni di sapore” per cui, in certe condizioni, i neutrini si possono trasformare l’uno nell’altro. “Una scoperta a cui ha partecipato l’Italia – ha aggiunto il professore – con i laboratori presenti nel cuore del Gran Sasso. I neutrini partiti dall’acceleratore di particelle di Ginevra, in Svizzera, sono giunti nei laboratori italiani dopo un viaggio di 730 chilometri dove due rilevatori, Opera e Icarus, hanno evidenziato che parte dei neutrini si erano trasformati da muonici in tau”.

“Perché studiamo i neutrini? – prosegue il fisico – Tutto ciò ha a che fare con uno dei tanti misteri che circonda l’evoluzione del nostro universo: dov’è finita l’antimateria? Perché c’è una totale asimmetria tra materia e antimateria? L’ipotesi corrente è che queste due componenti siano state create in eguale quantità nel Big Bang e che nell’evoluzione successiva dell’universo sia intervenuto un processo che ha favorito la prevalenza della materia sull’antimateria. Questo meccanismo potrebbe essere basato sul fenomeno dell’oscillazione dei neutrini”.

Da dove arrivano i neutrini. “Le sorgenti di neutrini sono molteplici – continua il fisico – possono essere naturali o artificiali. Tra i primi possiamo citare quelli terrestri, quelli atmosferici, quelli solari, quelli derivati da esplosioni di supernove e quelli fossili. Questi ultimi sono gli unici che non sono mai stati osservati, ma si ipotizza che, pochi istanti dopo la nascita dell’universo (Big-Bang), siano stati prodotti un enorme numero di neutrini e antineutrini di ogni tipo. Si ipotizza che siano sopravvissuti fino ad oggi diminuendo via la loro energia a causa dell’espansione dell’Universo stesso e che si siano propagati in ogni direzione. Hanno un’energia estremamente bassa, ed è il motivo per cui, attualmente, sembra impossibile catturarli. Se riuscissimo a farlo potremmo scattare un’istantanea dell’universo a due secondi dalla sua nascita. Tra le sorgenti artificiali possiamo citare gli acceleratori di particelle e i reattori nucleari”.

Alessandro Ligas

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