Favorivano l’immigrazione clandestina, dipendenti Ministero muti davanti al Gip

Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i due segretari della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, dipendenti del ministero dell’Interno, arrestati nell’ambito dell’inchiesta della Squadra mobile e della Digos del capoluogo sardo su una presunta organizzazione criminale di bengalesi e italiani specializzata nel favorire l’immigrazione clandestina e la permanenza in Italia di stranieri in condizione di illegalità.

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Tra fermi e misure cautelari sono state arrestate otto persone – tre sono latitanti – per associazione a delinquere. Difesi dall’avvocato, Pierluigi Concas, sia Francesco Alessi che Pier Paolo Farci, rispettivamente segretario e funzionario della segreteria della Commissione rifugiati della Prefettura, hanno fatto scena muta nell’interrogatorio di garanzia davanti alla Gip, Maria Cristina Ornano. Sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e corruzione: per ora resteranno in carcere di Uta.

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L’indagine, condotta dai pm, Andrea Vacca e Alessandro Pili, ipotizza che i richiedenti provenienti dal Bangladesh e in attesa di un permesso di soggiorno da rifugiati pagassero dai 500 ai seimila euro ad altri concittadini a capo dell’organizzazione: una parte del denaro sarebbe servito per ‘oliare’ i due segretari della Commissione territoriale che preparavano i calendari delle audizioni. Al vertice dell’associazione a delinquere ci sarebbe stato l’ex presidente della Comunità bengalese a Cagliari, Abu Salam: insieme ad altri complici avrebbe procacciato i ‘clienti’ promettendo loro facilitazioni per il rilascio del permesso di soggiorno.

Fermato dalla polizia su ordine del pm Pili, Salam, difeso da Marco Fausto Piras, oggi è comparso davanti al Gip, Lucia Perra per l’udienza di convalida. “Non stavo scappando – ha detto al giudice – avevo solo prenotato un viaggio di andata e ritorno con la famiglia”. Tra i destinatari dei provvedimenti ci sono anche due interpreti bengalesi, Sasanka Kundu e Asad Molla che, per la Procura, avrebbero ‘aggiustato’ le storie dei richiedenti per far ottenere loro l’asilo e lo status di rifugiato.

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