Fase 2, anche il pane sardo è in crisi. “Vendite in calo, il settore sta soffrendo”

In queste settimane di quarantena, sono stati tra i pochi “fortunati” che hanno potuto continuare a lavorare, cuocere e vendere il frutto del loro impegno: il pane. Sono i panificatori artigiani della Sardegna, 732 imprese e 3mila addetti, che anche durante il lockdown hanno fatto arrivare, quotidianamente, il prodotto fresco sulle tavole dei sardi. Divisi tra produzione e vendita, in questo periodo hanno rappresentato una figura di riferimento per tutti i consumatori: la notte lavorando nei laboratori e la mattina vendendo il pane nei punti vendita o distribuendolo casa per casa. Però anche questo settore ha sofferto per il calo della domanda, la conseguente riduzione del giro d’affari e, la necessaria, seppur dolorosa, messa in cassa integrazione di buona parte del personale.

“In questi ultimi due mesi difficili ci siamo resi conto di quanto siano importanti le attività di vicinato, di prossimità, come i panifici o le botteghe – commenta Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato imprese Sardegna –. Proprio i panificatori, in special modo, si sono confermati come i soggetti a cui rivolgersi per i beni di prima necessità, quelli alimentari, dei prodotti freschi da acquistare senza spostarsi troppo da casa”. Quello della panificazione sarda è settore fondamentale per l’alimentare isolano. Secondo l’analisi pre-Covid, elaborata dall’ufficio studi di Confartigianato, su dati Istat, nel 2019 erano 110mila le tonnellate di pane fresco che ogni anno venivano sfornate in tutta la Sardegna, per oltre 800 i tipi di prodotto che quotidianamente finiva nelle tavole dei sardi: Civraxiu, Coccoi, Moddizzosu ma anche rosette, schiacciatine, baguette, bananine e lingue senza dimenticare il pane alla ricotta o quello con le olive.

Tra i Comuni sardi che si possono fregiare del titolo di “Città del pane”, ci sono Gonnosfanadiga Santadi, Villaurbana e Ozieri. Invece, tra i centri isolani con un maggior numero di panifici artigiani troviamo Cagliari, Sassari, Quartu Sant’Elena, Olbia, Oliena, Fonni, Nuoro, Alghero, Carbonia, Desulo e Dorgali. Per ciò che riguarda la domanda e offerta di lavoro, i panifici dislocati su tutto il territorio della Sardegna ricercano complessivamente 440 Panettieri e pastai artigianali. Questi nel 36,6 per cento dei casi risultano difficili da reperire. Le 730.510 famiglie sarde spendono ciascuna ogni mese circa 21 euro per acquistare civraxiu, moddizzosu, pane carasau, etc. Partendo da questo dato è possibile stimare che in media la spesa annua sostenuta da tutte le famiglie dell’Isola per l’acquisto di pane ammonta a 186 milioni di euro.

“Noi panificatori in questi mesi abbiamo potuto, e dovuto, assolvere al compito di rifornire la popolazione del pane quotidiano – afferma Gianfranco Porta, presidente di Panificatori di Confartigianato Sud Sardegna -. Lo abbiamo fatto come sempre in silenzio, lavorando la notte nei nostri laboratori, rispettando per primi le nuove norme di sicurezza imposte dal governo, con senso di responsabilità, come sempre”. “I nostri panifici, grazie anche al coraggio del nostro personale di vendita – continua Porta – sono sempre rimasti aperti in questo periodo, soprattutto per venire incontro alle necessità dei più deboli e anziani; ed è per loro che abbiamo attivato il servizio di consegna a domicilio gratuito, consentendo in sicurezza di avere il pane fresco che, oggi più che mai, rappresenta un valore per la nostra economia e per la nostra società”.

Pane fresco che è stato oggetto di un’importante campagna di comunicazione e promozione da parte della Regione, che attraverso il marchio ha promosso il lavoro dell’arte bianca, anche se c’è ancora tanto da fare per comunicare, con maggiore forza, l’importanza di questo alimento e della professionalità dei panificatori. “Da parte nostra c’è da sempre e sempre ci sarà il massimo impegno per garantire i nostri prodotti alla società – sottolinea Porta –, ma il fatto che le imprese affrontino queste difficoltà con coraggio non deve far dimenticare come la categoria necessiti di esser messa nelle migliori condizioni per farlo”. “Per questo – conclude Porta – è importante che le nostre aziende possano affrontare questa crisi economica, che anche a noi ha portato il calo di affari e la riduzione di personale, con liquidità immediata, con adeguati sistemi di sicurezza sul lavoro e la corretta formazione. Noi ci siamo stati e ci siamo, ogni giorno: la comunità e la politica, quest’ultima soprattutto, sono chiamate a riconoscercelo”.

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