meloni

Doddore, un sequestro che sembra una spedizione punitiva

Salvatore Meloni, 66 anni – Doddore per amici, militanti e fan – dopo tre giorni è tornato nella sua casa di Terralba (=ristano). Si è  concluso così, nel modo più rapido, il sequestro più strano della storia criminale sarda. Un sequestro durato poco più di tre giorni, precisamente 75 ore, e che – stando alle prime notizie –  ha più l’aspetto di una prolungata spedizione punitiva che di un rapimento. Meloni è ricomparso a pochi chilometri di distanza dal luogo da cui era scomparso. Aveva due giri di catena al collo e – stando al racconto di chi l’ha visto – era pieno di lividi, affamato e assetato.

“Silenzio stampa” da parte degli inquirenti – il procuratore della Repubblica di Oristano Andrea Padalino Morichini, e il sostituto Rossella Spano – che  avevano aperto un fascicolo per sequestro di persona “semplice”. Cioè non a scopo di estorsione. Una scelta che, dopo questa conclusione della vicenda, appare azzeccata.

Poche ore prima della “liberazione” (o della fuga, come farebbe pensare la catena attorno al collo?) il fratello di Meloni aveva lanciato un appello – “Chi lo ha preso si faccia vivo con noi, ci dia un segnale anche piccolo” – dal quale si ricava che in questi tre giorni i sequestratori non si sono fatti vivi e che l’unico segnale della loro esistenza continua a essere il volantino trovato dal fratello di Salvatore, Antonio, all’interno della “Fiat Punto” rossa la sera del 14 febbraio.
Nel volantino – scritto con l’utilizzo di un vecchio normografo – i “Guardiani della nazione” (organzzazione della quale mai si era sentito parlare) ponevano come condizione per la liberazione di Salvatore Meloni il ritiro della sua lista – “Meris”, cioè “padroni”, nel senso di “padroni, noi sardi, di noi stessi” – dalla competizione elettorale. Subito i dirigenti dell’organizzazione avevano respinto la richiesta. Una scelta molto coraggiosa perché, a credere al volantino, poteva segnare la condanna a morte del loro leader. che invece, il giorno dopo il no alla richiesta dei rapitori, è ricomparso.

Salvatore Meloni vagava lungo il ciglio della strada statale 131, la Carlo Felice, all’altezza di Uras. Immediatamente riconosciuto dagli automobilisti, che hanno dato l’allarme, ha accettato il passaggio di uno di loro mentre un nipote partiva in auto per recuperarlo. E’ stato così riaccompagnato a casa.

Quando i familiari gli hanno aperto la porta hanno prima di tutto notato la catena al collo. E sono rimasti impressionati per l’aspetto affaticato e sofferente di Doddore. “Era stanco e provato da una prigionia durissima: lo tenevano legato a una sedia e lo picchiavano ripetutamente durante gli interrogatori. Non gli hanno mai dato né’ da bere né’ da mangiare”.

Nel “silenzio stampa” degli inquirenti questo è l’unico particolare che trapela a proposito delle condizioni della prigionia. E che  di certo Salvatore Meloni avrà riferito al dirigente della Squadra Mobile di Oristano, Pino Scrivo, che l’ha raggiunto a casa per acquisire le prime informazioni. Poi sono arrivati anche i magistrati e il questore. Nemmeno di questi brevi colloqui si è saputo nulla di preciso. Se non che Meloni avrebbe parlato di “tre rapitori” e di frequenti spostamenti da un nascondiglio a un altro.

Di certo tutti questi colloqui si sono svolti nell’abitazione. Doddore, infatti, è rimasto a casa sua e ha rifiutato il ricovero in ospedale. Un’ambulanza del 118 è giunta fino a Terralba ed è ripartita vuota. “Vuole solo il suo medico e vuole restare a casa”, ha fatto sapere la famiglia. E i militanti di “Meris” hanno confermato: “Le sue condizioni non sono buone”.

Meloni doveva in effetti essere davvero stremato per rifiutare il ricovero in ospedale e la certificazione ufficiale delle violenze subite. Inspiegabili e gratuite. Che appunto delineano il quadro di un “sequestro” trasformatosi in una lunga “spedizione punitiva”.  I rapitori,  da queste prime informazioni appaiono non tanto un gruppo terroristico quando un gruppo di sadici. Disinteressati alle loro “richiese ufficiali” e più preoccupati di far soffrire Salvatore Meloni. Mettendone a repentaglio la vita (un bene prezioso per un sequestratore perché è la merce di scambio) non dandogli né acqua né cibo, e bastonandolo.

Con quale obiettivo? Sarà certamente una delle domande che gli inquirenti porranno a Salvatore Meloni quando si sarà ripreso e potrà affrontare un interrogatorio.

Nicolò Businco

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