Da villa romana a villaggio bizantino. A Santa Filitica si scava nella Storia

Da villa romana a villaggio bizantino. Sei secoli di Storia incisi sulla terra, di luoghi che mutano, di uomini e donne che qui vi hanno vissuto. Unico elemento imperturbabile è il mare, testimone silenzioso di tante storie. “Santa Filitica” non avrà forse la monumentalità di tante aree archeologiche della Sardegna, ma qui – parafrasando al contrario la Marvel – le dimensioni non contano, perché in questo fazzoletto di sabbia tra Marritza e Punta Tramontana, a pochi chilometri da Sorso, nel Sassarese, si è conservato uno dei rari insediamenti rurali dell’Alto Medioevo sardo, in cui è possibile leggere le trasformazioni che ebbero luogo tra la fine dell’età romana imperiale (III-IV secolo dopo Cristo) e l’età bizantina (VI- IX secolo).

Gli scavi attuali. Ora, dopo dieci anni di pausa, gli archeologi sono tornati a Santa Filitica dall’autunno scorso con una missione diretta da Elisabetta Garau, docente dell’università di Sassari, che si avvale di una concessione tra il dipartimento di Storia, Scienze dell’uomo e della formazione, la Soprintendenza, il Comune di Sorso con un contributo della Fondazione Banco di Sardegna. Scopo delle nuove ricerche, svolte con un team di studenti, laureati e assegnisti di ricerca di Sassari, è verificare l’articolazione e lo sviluppo del villaggio bizantino, messo solo parzialmente in luce. I lavori si sono mossi dai limiti meridionali degli scavi precedenti, procedendo a Sud e a Est dell’impianto termale. I muri già in luce hanno fatto da “fil rouge” allo studio, facendo emergere nuovi ambienti, e materiali di questa comunità. Tracce di uomini e donne comuni, ben diversi dal nababbo romano che lì vi si era insediato secoli prima, preziosissime per ricucire quei secoli travagliati, quando l’isola si trovò a gestire l’arrivo dei Vandali prima e di Bisanzio dopo.

La storia. In principio c’era una raffinata villa romana di un ricco“dominus” coperta di mosaici e con tanto di terme, poi con l’impero al tracollo viene abbandonata. Ed è in questo periodo che muta “pelle” per sempre. Arrivano nuovi occupanti che la modificano radicalmente: le vecchie terme ormai a secco lasciano spazio ad una fornace per la lavorazione dei metalli, testimoniata da tracce di bruciato e numerose scorie di lavorazione, soprattutto di ferro. Una volta cessata l’attività artigianale, le terme diventano prima abitazioni e poi, agli inizi del VII secolo, luogo di sepoltura degli abitanti del nuovo villaggio sorto in epoca bizantina sugli strati alluvionali che, nel frattempo, avevano completamente nascosto gli ambienti della villa.

I primi scavi. Ed è da questi strati che sono riemersi, dopo una mareggiata, i resti dell’insediamento agli inizi degli anni Ottanta. Gli scavi condotti sino al 2005 dall’allora Soprintendenza di Sassari e Nuoro avevano messo in luce l’impianto termale, gli ambienti intorno, i primi resti del villaggio bizantino e reperti che rimandavano a relazioni con l’Africa, l’Oriente e l’Italia settentrionale; segnale di un mondo commerciale ancora vivace in un Mediterraneo che modificava i propri attori politici ed economici in maniera improvvisa. Mentre le attività artigianali locali – la tessitura, la produzione di ceramiche d’uso comune e manufatti in osso – erano legate ai bisogni primari della comunità.

Lo “scavo aperto”. In parallelo, con la ripresa degli scavi, sono state svolte diverse iniziative rivolte al pubblico per avvicinarli al lavoro dell’archeologo come: la realizzazione di un documentario, a cura del regista Michele Gagliani, che filma mano a mano i lavori, il coinvolgimento dei ragazzi delle scuole medie di Sorso con visite e l’organizzazione quest’estate di una giornata di scavo guidato e le giornate di “scavo aperto” in cui chiunque poteva visitare il sito e venivano presentate le novità. Attività che servono anche a sfatare una volta per tutte quell’immagine di un medioevo definita buia e oscura. Perché questi secoli visti da Santa Filitica non lo sono affatto, ma anzi per via delle crisi che incontrarono ci sono più vicini di quanto sembri.

Francesco Bellu

 

Guarda le immagini del sito e dei lavori nella Photogallery

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