Crolla la fiducia dei sardi nel prossimo. Acli: “Cala di quasi il 50 per cento”

Solo tredici sardi su cento hanno fiducia nel prossimo. La rilevazione è stata fatta a settembre, tra un’ondata e l’altra della pandemia. Rispetto al 2017 si registra un crollo di quasi 50 punti percentuali dal 62 per cento, in una fase in cui, evidentemente ci si sentiva fuori dalla crisi economica del 2008 e riprendevano crescita e sviluppo. Questo è uno dei principali dati di una ricerca presentata dalle Acli con Vania Statzu, ricercatrice Iares, e il confronto tra Andrea Soddu, presidente Cal, Don Ettore Cannavera e Franco Marras, presidente regionale Acli. Più che altro i sardi sembrano rassegnati ad accontentarsi.

Emblematici i dati sulla riduzione della partecipazione elettorale: la percentuale chi partecipa alle elezioni in maniera costante passa dal 69 al 53 per cento. L’identikit dell’ottimista? Meno di 40 anni, con una famiglia composta da quattro persone, felice, forte lettore, impegnato nel volontariato. Crescono nel campione intervistato le mezze misure: sufficiente la percezione è la soddisfazione sul generale stato di salute per il 32 per cento. Ottiene un “sei” anche la situazione finanziaria per il 57 per cento degli intervistati, in crescita rispetto alla rilevazione di tre anni fa. Anche sul controllo della propria vita metà Sardegna dice di essere sufficientemente soddisfatta. Dati a prima vista contrastanti emergono tra gli stili di vita. Da una parte si rileva una tendenza al ritorno in famiglia con l’aumento del tempo passato con amici, genitori e parenti non conviventi, (nonostante il Covid o forse proprio per il Covid si cerca di passare più tempo con gli affetti), dall’altra aspetti come la riduzione delle donazioni di sangue o la scarsa crescita dell’impegno civico rappresentano un elemento che alimenta la diffidenza verso il prossimo misurata con la fiducia. “In questi dati – spiega Franco Marras, presidente regionale delle Acli – preoccupa fortemente il declino della fiducia dei sardi verso gli altri e verso le istituzioni, in un contesto nel quale il rifugio nella famiglia non pare più essere sufficiente a colmare il vuoto e la paura nel futuro. Per questo vogliamo discutere con esperti ed esponenti della società civile e politica, perché la situazione è grave e non vogliamo dobbiamo buttare la croce su nessuno, ma, nella consapevolezza, impegnarci come terzo settore nella ricucitura degli strappi che oggi stanno avvenendo, per non perdere terreno irrecuperabile” .

 

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