Corridoio umanitario Etiopia-Cagliari, arriva una mamma con la figlioletta

Sono sbarcate nel pomeriggio a Cagliari dall’Etiopia una madre e la sua piccola di due mesi, e hanno potuto riabbracciare il marito e papà, Dawit, uno due giovani eritrei, già arrivati in Sardegna lo scorso 27 giugno (i tre nella foto insieme ai volontari). Il ricongiungimento familiare è frutto del progetto ‘Rifugiato a casa mia-Corridoi umanitari’, cui la Diocesi di Cagliari, attraverso la Caritas diocesana, ha aderito lo scorso giugno.

All’aeroporto ad accogliere le due eritree l’arcivescovo di Cagliari, Arrigo Miglio, il direttore della Caritas diocesana, don Marco Lai, l’équipe immigrazione della Caritas e le Suore vincenziane che accoglieranno la famiglia. Mamma e figlia sono atterrate a Fiumicino questa mattina alle 4.30 insieme all’ultimo gruppo di profughi arrivati in Italia in seguito all’accordo siglato nel gennaio 2017 dalla Conferenza episcopale italiana (che agisce attraverso Caritas Italiana e la Fondazione Migrantes), dalla Comunità di Sant’Egidio e dal Governo italiano.

Ad accoglierle anche il referente area immigrazione Caritas Cagliari, Alessandro Cao. Si tratta di 85 persone di nazionalità prevalentemente eritrea, che erano rifugiate in Etiopia: tra di loro ci sono vari nuclei familiari e una decina di bambini; saranno accolti in una quindicina di diocesi italiane.

L’accordo, grazie all’apertura di un corridoio umanitario tra l’Etiopia e l’Italia, ha consentito finora l’ingresso legale e sicuro di 500 profughi in due anni, grazie anche all’intervento di diocesi, parrocchie, famiglie e istituti religiosi e l’utilizzo di appartamenti privati, con il supporto di famiglie tutor italiane impegnate ad accompagnare il percorso di integrazione sociale e lavorativa di ognuno sul territorio, garantendo servizi, corsi di lingua italiana e cure mediche adeguate. Si tratta di un progetto totalmente autofinanziato grazie all’8xmille della Cei, a fondi raccolti dalla Comunità di Sant’Egidio e al contributo non solo di associazioni e parrocchie, ma anche di cittadini che hanno offerto le loro case e il loro impegno gratuito e volontario.

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