Coniugi uccisi a Settimo: la fuga di Igor, la confessione e la notte con i cadaveri

Ha confessato Igor Diana, il figlio 28enne dei coniugi uccisi nella loro abitazione a Settimo San Pietro (Cagliari). Durante la notte è stato sentito dal magistrato nell’ospedale di Iglesias dove è stato ricoverato per essere rimasto ferito durante le fasi della sua cattura da parte di Carabinieri e Polizia (qui la photogallery). Il giovane, arrestato con l’accusa di tentato omicidio nei confronti delle forze dell’ordine, ha ammesso di aver ucciso i genitori e ora è formalmente indagato per omicidio volontario plurimo. “È stato un raptus, non so cosa mi sia preso e li ho uccisi, non ricordo nulla di quello che è accaduto”, ha detto al magistrato. Rimangono ancora misteriose le ragioni che hanno spinto il giovane ad uccidere i genitori. I rapporti con i familiari non erano mai stati facili, ma dal 2013, anno in cui Igor fu coinvolto in un incidente stradale mortale, erano addirittura cambiati. Il 28enne era più aggressivo e scontroso. Avrebbero avuto molte discussioni, forse anche nella notte tra domenica e lunedì quando li ha uccisi. Il pm Daniele Caria, che coordina le indagini, chiederà una misura cautelare, inizialmente in ospedale e poi in carcere. L’interrogatorio di garanzia dovrebbe svolgersi martedì prossimo. Il pm ha dato ordine, inoltre, di restituire ai familiari i corpi delle vittime. I funerali si svolgeranno il sabato 14 maggio alle 15 nella chiesa di San pietro Apostolo, a Settimo.

Igor è rimasto in casa con i cadaveri (Giuseppe Diana, un cuoco in pensione, e Luciana Corgiolu, ostetrica all’ospedale Brotzu di Cagliari, rispettivamente di 67 e 62 anni), almeno fino a martedì mattina. È quanto è emerso dalle indagini condotte dalla Squadra mobile di Cagliari. Il giovane si è cambiato più volte nella villetta di via Copernico dove sono state trovate scarpe e indumenti sporchi di sangue. Il 28enne ha quindi dormito in casa lunedì e forse martedì, mentre ha invece dormito in auto, probabilmente, nelle campagne di Nuxis (Sulcis) subito dopo il ritrovamento dei cadaveri.

Il giorno dopo è uscito tranquillamente da casa, ha visto amici, ha acquistato droghe leggere (faceva uso di hascisc e marijuana), è andato al bar a giocare alle slot e poi ha fatto perdere le sue tracce. Il giovane, secondo quanto emerso nel corso della conferenza stampa congiunta in Questura di Polizia e Carabinieri, al momento dell’arresto è apparso freddo. “Chi ha incrociato il suo sguardo per qualche secondo – ha evidenziato il dirigente della Squadra mobile di Cagliari, Alfredo Fabbrocini – lo ha visto determinato e lucido”. Come lo è stato durante la fuga a tutta velocità sulla statale 293 a Nuxis, nel Sulcis, e anche quando, ormai bloccato, è sceso dal veicolo, si è puntato la pistola alla tempia, minacciando di uccidersi, ma poi senza esitare l’ha puntata contro Polizia e Carabinieri, tentando di sparare. A quel punto i poliziotti hanno aperto il fuoco ferendolo al braccio sinistro, gomito fratturato, e di striscio al braccio destro. Il 28enne è poi fuggito a piedi nascondendosi tra i cespugli dove è stato bloccato da carabinieri. In mano aveva ancora la pistola Beretta. “L’arma si è inceppata – ha spiegato ancora il dirigente della Mobile – altrimenti avremmo pianto un’altra vittima”.

Moglie e marito sono stati uccisi nella notte tra domenica e lunedì: prima storditi e picchiati duramente, poi finiti a coltellate. I loro corpi sono stati trascinati lungo le stanze della villetta a tre piani. Una scena del delitto terribile che si è presentata agli inquirenti mercoledì mattina. Poi la caccia all’uomo, fino alla fine della fuga del figlio adottivo della coppia assassinata.

Era fuggito con un fuoristrada della famiglia e aveva con sé una pistola. L’operazione congiunta di Carabinieri e Polizia si è conclusa nel tardo pomeriggio con una sparatoria in cui il giovane è rimasto ferito. Ora è ancora ricoverato all’ospedale di Iglesias e dovrà essere operato per una frattura composta al braccio sinistro. Momenti concitati ricostruiti nella conferenza stampa in Questura.

Il primo dirigente della Squadra Mobile di Cagliari, Alfredo Fabbrocini, che ha coordinato le operazioni: “In questa indagine non c’è gloria per nessuno. Mai nella vita nessuno vorrebbe vedere quello che abbiamo visto”.

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