Arriva anche in Sardegna la polemica sul luogo di sepoltura di Erik Priebke. Il capitano delle Ss naziste è morto pochi giorni fa nella casa di Roma dove scontava la condanna all’ergastolo per il massacro delle Fosse Ardeatine, compiuto nella capitale il 24 marzo 1944. Nessun segno di pentimento, nessuna richiesta di perdono ai familiari delle 355 vittime, tra le quali anche nove sardi.
“Sui 355 morti alle Fosse Ardeatine, settanta erano italiani di Roma di religione ebraica e gli altri erano italiani di diverse regioni “rastrellati” nel carcere di Regina Coeli, negli schedari della Questura di Roma tra gli antifascisti e gli oppositori al regime mussuliniano – sottolinea Marco Sini, presidente provinciale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia -. Tra questi erano presenti nove sardi alla cui memoria ed alle cui biografie dovremmo riservare momenti di ricordo e di indagine per trasmettere i loro nomi e le loro vicende umane alle nuove generazioni”.
I sardi fucilati da Priebke e dai suoi soldati furono Salvatore Canalis, nato a Tula, professore di lettere; lo studente sedilese Pasquale Cocco; Candido Manca di Dolianova, Brigadiere dei Reali Carabinieri; l’avvocato di Narbolia Giuseppe Medas; Sisinnio Mocci, di Villacidro, appartenente al Pci; Agostino Napoleone, cagliaritano, Sottotenente di Vascello; Ignazio Piras di Illorai, contadino; Gerardo Sergi di Portoscuso, Sottotenente dei Carabinieri Reali. C’era anche Gavino Luna di Padria (nella foto), conosciuto come De Lunas e considerato tra i più talentuosi cantadores a chitarra isolani: nato nel 1895, aveva raggiunto la notorietà negli anni Trenta e registrato diversi dischi per la casa discografica milanese “Società Anonima del Grammofono”.
“La Resistenza e la lotta di Liberazione in Sardegna – prosegue Sini – non è passata come nelle regioni del centro nord, salvo gli episodi immediatamente successivi all’otto settembre culminati nella battaglia della Maddalena, nell’affondamento della corazzata Roma al largo dell’Asinara e a un conflitto nei pressi di Macomer. È pur vero però che circa 7.000 sardi tra soldati e civili hanno preso parte in forme diverse alla Resistenza e alla guerra partigiana in continente. Tanti altri sardi, come i nove martiri delle Fosse Ardeatine, sono morti nei campi di concentramento, di prigionia e di sterminio tedeschi. A tutti loro va il nostro pensiero di gratitudine. L’Anpi è impegnata a preservare questa memoria e a trasmetterla ai giovani di oggi e a quelli che verranno”.
Francesca Mulas
(immagine da luigiladu.it)