Cardinale Becciu, le nuove rivelazioni: “Sapeva che Marogna depredava i soldi del Vaticano”

“Alla data del 3 ottobre 2020, quando avemmo il nostro incontro con lui, il cardinale Angelo Becciu era informato che Cecilia Marogna stava depredando, con spese personali, i soldi a lei inviati dalla Segreteria di Stato. Da mesi ne era a conoscenza. Non si mostrò affatto stupito da quello che dicemmo sul comportamento della donna. Era solo preoccupato del fatto che il nome di Cecilia Marogna non venisse fuori, perché questo, disse, avrebbe procurato un grave danno a lui e ai suoi familiari”. Lo ha riferito oggi in aula il commissario della Gendarmeria, Stefano De Santis, testimone dell’accusa nel processo in corso in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. De Santis, oggi nella ventinovesima udienza, ha ulteriormente precisato quanto detto ieri, anche da Becciu, sull’incontro avuto nell’abitazione del cardinale la sera del 3 ottobre 2020, insieme al comandante della gendarmeria Gianluca Gauzzi Broccoletti, pochi giorni dopo la drammatica udienza in cui il Papa privò il prelato sardo dei diritti del cardinalato e della carica di prefetto delle Cause dei santi.

“Gauzzi aveva ricevuto un sms dal cardinale, mi chiese di accompagnarlo nell’abitazione. Non vedendo segni di sorpresa del cardinale pensai che l’incontro era concordato e che era stato lui a chiederlo – ha raccontato -. Non risponde a verità la circostanza di tenere segreto quell’incontro. Mai abbiamo chiesto al cardinale di non parlarne, mai, anche perché in Vaticano una circostanza del genere sarebbe comunque trapelata con grande facilità. E mai ho sentito che bisognava preservare Cecilia Marogna perché era incaricata di un’attività a conoscenza solo del card. Becciu e del Papa. Mai è stata fatto riferimento a questo, se non in seguito, quando il cardinale fu interrogato dal promotore di giustizia Milano e dall’aggiunto Diddi”. Sollecitato dalle domande proprio del pg Diddi, De Santis ha continuato: “in quell’occasione siamo stati noi a parlare di Cecilia Marogna, sulla base dell’analisi dei conti correnti e delle chat. E a quella data il cardinale era ben informato che la donna depredava con spese personali i soldi inviati dalla Segreteria di Stato”, pari a bonifici per 575 mila euro.

E ha ricordato che monsignor Alberto Perlasca, capo dell’Ufficio amministrativo, già due giorni dopo il suo interrogatorio del 29 aprile 202 andò da Becciu informandolo che i magistrati indagavano sulla Marogna. “‘Che porci!’, fu il suo commento – ha ribadito il commissario della Gendarmeria -, ma nessuno allora si sognava di indagare Becciu. Poi, quella sera del 3 ottobre, lui non ci chiese quali fossero i comportamenti della donna. Era solo preoccupato che il nome di lei non venisse fuori”. In aula sono state proiettate anche foto dalla telecamere interne vaticane, in cui si mostra come la sera del 17 settembre 2020 Cecilia Marogna entrasse con il trolley nel Palazzo del Sant’Uffizio, dove c’è l’appartamento di Becciu nel quale passò la notte. La mattina – ha sempre riferito De Santis – uscirono prima Becciu e poi le suore che si occupano della casa e la Marogna restò sola nell’abitazione. Dopo il ritorno delle suore, la donna uscì e andò nella vicina filiale Banca Intesa di Borgo Angelico per trasferire su un conto personale mille euro da quello della sua società slovena Logsic, dove confluivano i bonifici della Segreteria di Stato (l’operazione, tra l’altro, fu subito segnalata alle autorità di vigilanza vaticane come “sospetta”). All’ora di pranzo tornò nell’appartamento con un vassoio di paste e nel pomeriggio andò via con un taxi. Il pg Diddi ha chiesto anche a De Santis se fosse al corrente di ruoli della Marogna – che fu incaricata da Becciu di interessarsi per una mediazione in occasione del sequestro di una suora colombiana in Mali – nel mondo dell’intelligence.

“Non ne aveva, nel modo più assoluto”, è stata la risposta. Nel corso dell’udienza si è fatto riferimento anche alle due proposte o manifestazioni d’interesse per l’acquisto del Palazzo di Sloane Avenue a Londra, nessuna delle quali andata in porto: una avanzata dal gruppo Pizzi & Partners per 300-330 milioni di sterline, tramite l’ex parlamentare di Forza Italia ed ex sottosegretario nel governo Berlusconi, Giancarlo Innocenzi Botti, e dell’ex ambasciatore a Washington Giovanni Castellaneta – incontrarono il cardinale Pietro Parolin in Vaticano ma in quello che gli riferirono, secondo De Santis, “non c’è nulla di vero” e dietro ci sarebbe il finanziere Gianluigi Torzi -; l’altra, per 200 milioni di euro, dal gruppo Fenton Wheelan, che per avere informazioni si rivolse all’ex società proprietaria dell’immobile, facente capo a Raffaele Mincione.

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