In Sardegna il trasporto pubblico locale è curato in larga parte dall’Arst (Azienda regionale sarda trasporti), società in house della Regione che secondo l’ultimo bilancio vale 147 milioni di euro, con un incremento del 5,8% rispetto al 2012. Numeri importanti, che dovrebbero certificare, in parallelo con i bilanci societari, una qualità del servizio su standard medio-alti. Pare, al contrario, che i passeggeri non siano proprio soddisfatti. E non potrebbe essere altrimenti, come testimoniano i viaggiatori. Un caso su tutti: ad agosto, se si vuole raggiungere Olbia da Bosa, il tempo di percorrenza sfiora le sette ore (leggi). Per coprire appena 144 chilometri. Un’assurdità.
Non va meglio quando gli utenti cercano informazioni contattando il numero verde dell’azienda (leggi). Nel peggiore dei casi il telefono squilla a vuoto, nel migliore l’operatore alza la cornetta ma se dall’altra parte del filo c’è un turista che parla ‘solo’ inglese, niente da fare: “In italiano o niente”, dicono.
Ai disservizi dell’Arst si aggiungono quelli di Trenitalia: convogli in perenne ritardo, vagoni vecchi di quarant’anni, posti a sedere insufficienti. E treni che ‘smarriscono la bussola’ (leggi), come ha affermato un dipendente Trenitalia della stazione di Oristano: “I ritardi? Colpa del sistema di posizionamento, ogni tanto si perde il segnale e il treno deve aspettare. Come il Tom tom in auto”, dice sicuro. E i passeggeri, allibiti, non sanno se farsi una risata o continuare a maledire un sistema di trasporto che in Sardegna si è fermato agli anni ’70.
Davide Fara
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