ARCHIVIO. Da Annaba al Sulcis: la rotta dei migranti destinazione Sardegna

Gli ultimi sono arrivati nell’Isola il 18 aprile scorso: per oltrepassare il mare sono saliti su una piccola imbarcazione e dopo un paio d’ore di navigazione hanno raggiunto la spiaggia di Piscinnì, a Domus De Maria. Da qui, direzione verso Cagliari, chilometri e chilometri da macinare a piedi, prima di essere fermati dalla Capitaneria di porto per essere portati nel Centro di Primo Soccorso e Accoglienza di Cagliari.

Sono gli ultimi migranti sbarcati direttamente in Sardegna secondo una rotta Algeria-Sulcis percorsa da ormai dieci anni: non fuggono da guerre e dittature ma cercano ugualmente una vita migliore rispetto a quella che possono trovare nel loro paese. Il primo arrivo certo di algerini in Sardegna risale all’estate del 2006: era il 30 agosto  quando i turisti videro approdare nella spiaggia di Santa Margherita di Pula una barca con una ventina di persone a bordo, tutti ragazzi intorno ai trent’anni, stremati dal viaggio, senza documenti e senza più provviste. Inizialmente si pensò a un errore di rotta del timoniere, ben presto si capì che si trattava di giovani in cerca di una nuova vita in Italia.

Secondo le definizioni degli uffici di tutta Europa sono ‘migranti economici‘, non hanno diritto allo status di rifugiato come Siriani ed Eritrei e dunque la loro permanenza nei paesi al di qua del Mediterraneo è decisamente problematica. La maggior parte dei migranti economici che arriva in Italia nei centri di accoglienza, Sardegna compresa, chiede ugualmente il riconoscimento di status di rifugiato con la speranza di raggiungere amici e parenti che un lavoro in Europa ce l’hanno già, in Germania o Francia o ancora più a Nord. La nostra Isola è solo la prima tappa di un viaggio lungo e difficile. E rischioso, soprattutto: chi parte dal Nord Africa verso le nostre coste non sceglie i grandi barconi che si avventurano nel canale di Sicilia ma viaggia su barche di cinque, sei metri con un motore fuori bordo insieme a una decina di persone, venti al massimo. Il punto di partenza di questa rotta Algeria-Sardegna è Annaba, cittadina sulla costa settentrionale algerina che dista dalle spiagge del Sulcis poco più di duecento chilometri, percorso che si affronta con qualche ora di navigazione.

Non tutti però riescono ad arrivare: dal 2009 il governo algerino, non sapendo come arginare la fuga dei giovani, ha istituito il reato di ’emigrazione clandestina’, chi è intercettato mentre cerca di prendere il largo viene mandato a processo e rischia anche il carcere. I ragazzi sbarcati a Piscinnì sono arrivati salvi ma alcuni partiti prima di loro sono stati meno fortunati: come riporta il quotidiano algerino El Watan il 30 marzo scorso la guardia costiera ne ha arrestati 20, tutti algerini tra i 21 e i 30 anni bloccati mentre in piena notte si allontanavano dalla costa verso il Mediterraneo. Ci sono anche quelli che non ce la fanno: El Watan ai primi di febbraio segnalava un morto e otto dispersi nelle acque di fronte ad Annaba, si trovavano su una barca affondata a largo e hanno cercato disperatamente di raggiungere la riva a nuoto. E poi ci sono i dispersi, quelli che salpano e di cui non si hanno più notizie: alcune famiglie dei dispersi hanno creato un comitato per tentare di ricostruire la loro sorte.

I giornali di lingua francese li chiamano ‘candidats à l’émigration clandestine‘, candidati all’emigrazione illegale, ma in dialetto algerino quelli che lasciano di nascosto il paese sono ‘harraga’, ‘coloro che bruciano‘, che bruciano i documenti di identità. Il fenomeno non è certo sconosciuto in Italia, sebbene una piccola imbarcazione che arriva in spiaggia con dieci, quindici persone faccia meno notizia delle centinaia di persone intercettate lungo il canale di Sicilia o nelle acque libiche. Eppure secondo i dati della Prefettura di Cagliari nel 2015 sono stati 291 i maghrebini sbarcati nel Sulcis, mentre nel 2016 l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ne conta già 114. Sono quasi tutti algerini ma si registrano anche tunisini e siriani; la maggior parte sono giovani o giovanissimi, studenti, diplomati o laureati, non persone dal profilo disperato; poche le donne e pochi i minori. Per la traversata si pagano anche mille euro agli scafisti: lo raccontano ai giornalisti i ragazzi che sognano di partire o chi riesce a sopravvivere alla traversata.

Quelli che invece riescono ad arrivare a destinazione, nelle spiagge di Sant’Antioco, Teulada, Pula, Sant’Anna Arresi, nella maggior parte dei casi vengono intercettati e identificati: la loro prima destinazione in Sardegna è l’Hotel 4 Mori di Cagliari. Qui è stato temporaneamente sistemato dalla Prefettura di Cagliari il Cpsa, Centro di Primo Soccorso e Accoglienza per chi sbarca direttamente sulle coste sarde; fino al dicembre scorso il Cpsa si trovava insieme al Cara nell’ex aeroporto di Elmas ma da allora le strutture sono state collocate altrove a causa della restituzione dell’area all’Enac. Per tutti la trafila sarà la stessa: una richiesta di asilo politico che sicuramente sarà respinta, a cui seguirà un logorante ricorso lungo parecchi mesi. A un passo dal sogno.

Francesca Mulas

LEGGI ANCHE: I migranti dispersi: in Algeria il comitato delle famiglie degli harraga scomparsi

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