Visioni di Uliano Lucas, fotoreporter senza padroni

Ci sono foto che non ti stanchi mai di vedere, anche se le conosci molto bene. Non solo perché hanno accompagnato un pezzo del tuo cammino ma anche perché ti ricordano ogni volta i valori di cui è portatore il suo autore. Uliano Lucas è un fotografo di spicco nel mondo della fotografia italiana di reportage. Un Uomo dalla schiena dritta, che ha sempre preferito lavorare senza padroni scegliendo lui i temi da approfondire con la sua macchina fotografica. Temi spesso scomodi, indigesti, con poco appeal, difficili da realizzare e ancora di più da vendere. Sempre con l’occhio rivolto all’etica più che all’estetica, profondo osservatore di una fotografia che cambia e non sempre in meglio.

Rivedo con immutato piacere le sue immagini nella sua mostra Punti di vista allestita al centro culturale Il Ghetto, Via Santa Croce 18, Cagliari e visitatore dal 17 ottobre al 2 novembre 2017 nell’ambito del festival “Bianco e nero”. 100 fotografie che tracciano un percorso umano e professionale al servizio dell’informazione e sempre dalla parte dei popoli senza voce. Le fotografie provengono per la maggior parte da reportage giornalistici che Lucas (autore dell’enciclopedia Einaudi sul fotogiornalismo in Italia) ha realizzato nel corso degli anni come fotoreporter indipendente. Sono fotografie di cronaca, immagini scattate un po’ ovunque, nella Sardegna e nel mondo che abbracciano sessant’anni di storia e che scandiscono alcune tappe fondamentali del nostro tempo.

Ci sono scatti che sono diventati icone del proprio tempo. L’emigrato sardo di fronte al Pirellone negli anni ’60 che ci ricorda che siamo stati tutti migranti, le macchine fotografiche bruciate nella redazione del giornale di una  Sarajevo bombardata durante una delle guerre più insensate, i tanti reportage sui manicomi. Uliano è un cittadino del mondo: l’Africa con le sue guerre e il neocolonialismo, il Marocco, la Tunisia, l’Etiopia, la Cina, il Sud America. Ma anche Milano, le fabbriche per uno sguardo attento al mondo del lavoro, alle carceri al disagio giovanile, in quel ’68 di cui in troppi sembrano vergognarsi.

Lucas racconta, con un linguaggio e una grammatica visuale attenta e colta un mondo a cavallo fra i due millenni. Lo fa con gli strumenti del fotoreporter sempre attento ai cambiamenti ma senza ammiccamenti a quelle “nuove tendenze” che troppo spesso si rivelano modalità per raccontare banali storielle e non storie vere. Dal suo libro “La realtà e lo sguardo”, imperdibile storia del fotogiornalismo in  Italia, una sua riflessione amara ma ricca di spunti, una sorta di “testimone” da passare a chi vorrà ancora correre libero come lui sui sentieri del reportage: “Ha ancora senso produrre inchieste “vecchio stile” quando la comunicazione visiva sta diventando omologante a livello planetario, merce da vendere e da consumare, notizia da imporre? In quali nuovi spazi può operare il fotoreporter per continuare a documentare il reale intorno a noi? Continuo a credere nel reportage come racconto colto, per spiegare, dare emozioni, far ragionare. Le foto come memoria del nostro vivere.” 

Eravamo rassegnati a sentirci come Bertolt Brecht nella sua famosa frase “ci sedemmo dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti erano occupati”. Grazie Uliano per farci sentire ancora dalla parte giusta, qualunque essa sia.

Enrico Pinna

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