Manila Noir: la fotografia istintiva di Jamèl Van de Pas

«La fotografia non è un mezzo ma un atto. È un atto di intuizione che non è guidato da un’idea ma da un impulso. Guardo l’atto della fotografia come l’atto sessuale che sarebbe, in natura, “servito” per assicurare la sopravvivenza di una specie; ma solo raramente è questa la finalità del sesso. L’atto sessuale è generalmente l’intenzione, senza alcun obiettivo di riproduzione che trova la sua origine nei processi subconsci e può essere semplicemente indicata come “urgenza”». Questa è l’idea fotografica dichiarata di Jamèl Van de Pas, giovane emergente olandese, selezionato come uno dei 100 migliori fotografi del suo paese per il 2016.

Questa idea artistica emerge nitida e prepotente dal suo ultimo lavoro Manila Noir che, dopo essere stato esposto e proiettato in numerosi paesi in tutta l’Asia e in Europa, fra cui il Seoul Museum of Art, l’EFTI a Madrid e il Tbilisi Photo Festival, approda alla Fine Art Gallery di Michelangelo Sardo, in via Eleonora d’Arborea 61 a Cagliari dove sarà visitabile tutti i giorni dalle ore 18 sino al 20 gennaio.

Manila noir è il risultato di tre settimane di soggiorno nella megalopoli filippina, una delle aree urbanepiù densamente popolate del mondo. Un reportage di puro istinto, senza altra intenzione che fotografare quello che colpisce il giovane fotografo. Il che non significa fotografare a caso ma seguire i sentieri dell’intuizione anziché quelli della meticolosa ed organizzata rappresentazione. Il lavoro è proposto secondo lo stesso ordine caotico che si incontra camminando nelle strade di una qualunque di queste mostruose e stranianti aggregazioni umane.

Un reportage dove non c’è la sintesi né la metafora pensata, ma la ridondanza e la casualità degli incontri che si fa percorso e racconto spontaneo. I personaggi sono quelli che s’incontrano sulla strada, che vivono la strada e sulla strada: famiglie, bambini, prostitute, operai, passanti, probabili delinquenti. Tutti attori di in una visione dove la notte non si distingue dal giorno, con la cifra stilistica cupa di un bianco e nero che elimina i grigi, metafora (forse) involontaria di una società che amplifica i contrasti estremizzandoli. La grana cercata e attentamente ‘coltivata’ e l’inquadratura che non indulge alla perfezione rendono un reportage dall’estetica ‘sporca’ e apparentemente casuale, dotato però di una potente forza suggestiva e di una efficace capacità narrativa.

Per chiudere poche parole, quelle dell’autore che, descrivendo una parte del suo lavoro, fa una sintesi del suo modo di essere fotografo: “Questo potrebbe essere un “progetto” in cui fotografo delle prostitute, ma il progetto di parole non indica correttamente il modo in cui sono state scattate le foto. La serie è nata perché le prostitute mi hanno chiesto di fare sesso, e la mia risposta è stata invece, impulsivamente, chiedere loro di fare delle foto.”

Enrico Pinna

 

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