Ian Thorpe, i campioni gay, i “maschi pensanti”. E un titolo idiota

Lo squalo era un pesciolino rosa” titola il quotidiano il Tempo a proposito del coming out del plurititolato campione di nuoto Ian Thorpe. Un titolo “omofobo”, obiettano in tanti. Un titolo idiota, direi. Ma il titolo, come è noto, non lo fa chi scrive l’articolo, che invece, al contrario, appare equilibrato e preciso.

Scrissi già nella lettera aperta a Daniele Dessena, calciatore del Cagliari e autorevole esponente di quel tempio “machista” che è il mondo del pallone (per ringraziarlo per essersi esposto in difesa dei diritti lgbt), che mio padre ha fatto l’allenatore di calcio, mio fratello il calciatore e io l’arbitro. Insomma, conosco in parte quel mondo, quello dello sport più in generale.

Spesso resto perplesso a sentire qualche donna affermare: “non esistono più i maschi di una volta”.  Mi domando sempre se si riferiscano a quei “machi” che hanno fatto della virilità brutale e violenta quel senso storico della superiorità maschile. Quello stesso machismo che ogni anno, tra le donne in Italia, fa qualche centinaia di vittime di violenza. Poi invece mi rendo conto che si riferiscono ai propri partner eterosessuali che abusano di lampade abbronzanti e silk epil.

Anche qui, partiamo da un presupposto: la natura ci ha fatto tutti più o meno pelosi, uomini e donne. Sfatiamo anche questi stereotipi e difendiamo il diritto di un uomo eterosessuale a potersi depilare senza sentirsi meno etero  e di un omosessuale a poter girare con canotta sudata e pelo in vista e a non sentirsi meno gay se non si mette a gridare se gli si spezza un unghia.

Scherzi a parte, credo che si debba evolvere dal concetto di “maschio pesante” a “maschio pensante”.

Anche per tante donne, a volte è troppo forte la tentazione di voltarsi indietro per capire quello che si è progressivamente perso e incitare il “maschio” a ritrovare il senso della propria “superiorità”.

Invece occorre considerare anche il tramonto economico dell’industria e della fabbrica, dove il maschio “pesante” era modellato su quei luoghi, di formazione e di mestiere, che oggi non esistono più. Oggi è necessario liberare noi uomini dagli stereotipi del passato. Noi stessi, prigionieri di modelli contraddittori, uomini contemporanei  sempre più inadeguati e incompiuti nel nostro “ruolo”; nostalgici delle certezze del passato, quando tutto era magari più approssimativo ma certamente più semplice e chiaro.

Passare dal “fare l’uomo” all'”essere uomo” capovolgendo l’imperante ordine dei valori. Non fidarsi solo delle apparenze e perseguire invece  forme di virilità più profonde e generose. Dove essere “maschi” e diventare “uomini” significhi accedere all’interiorità anche rivalutando alcune virtù tipicamente femminili, come la pazienza, la dolcezza, la tolleranza, la generosità e la condiscendenza.

Promuovere la riflessività e l’autocoscienza sforzandosi di non cadere nella trappola dell’emulazione dell’agire virile: si può decidere di ispirarsi al mito della dolcezza di Abele piuttosto che alla violenza di Caino. Questo vale nella vita come nello sport.

“I sessi, è vero, sono diversi; eppure si confondono. Non c’è essere umano che oscilli così da un sesso all’altro, e spesso non sono che gli abiti a serbare l’apparenza virile o femminile, mentre il sesso profondo è l’opposto di quello superficiale.”, scriveva una magnifica Virginia Woolf  in “Orlando”.

Sarà per questo che per me nulla andrà ad intaccare la “virilità” dei dichiaratamente gay  Michael Sam, campione di football americano, Thomas Hitzlsperger, ex calciatore di Aston Villa, e Lazio, Tom Daley, tuffatore inglese, Robbie Rogers,  centrocampista della nazionale usa, Greg Louganis, tuffatore statunitense, Jason Collins, cestista dell’Nba, Gareth Thomas, rugbista gallese, John Amaechi, cestista britannico, Anton Hysen, calciatore svedese, David Testo, calciatore americano, Steven Davies, giocatore di cricket, Ari Pekka Liukkonen, nuotatore finlandese, Conor Cusack, giocatore di hurling.

Sarà per questo che per me Ian Thorpe continuerà ad essere “lo squalo”. E il titolista del tempo un idiota.

A proposito, perché “pesciolino rosa” non lo scrive per l’olimpionico campione di boxe Orlando Cruz?
Anzi, non scriverlo, diglielo direttamente e ad un palmo dal naso.

Paura eh? 😉

Gianluigi Piras

 

 

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