#boycottDolceGabbana. Ecco perché non esistono figli di un Dio minore

Non esistono figli della chimica né figli di un Dio minore, esistono FIGLI”.
E’ la conclusione della toccante e profonda lettera che Heather Parisi rivolge a Domenico Dolce, “illustre” testimonial del Made in Italy, reo di aver definito “figli della chimica”, i figli delle coppie gay. Fiumi di polemiche e indignazione contro i due stilisti da parte di mezzo mondo fino al punto di essere travolti dalla campagna di boicotaggio su twitter #BoycottDolceGabbana.
“La storia del genere umano”, continua la Parisi, “al pari di quella di almeno altre 1,500 specie viventi nel nostro mondo, è piena di comportamenti genitoriali in coppie omossessuali. Non sono migliori nè peggiori delle coppie eterosessuali, altri colori di uno stesso arcobaleno”.

Come Luciano e Davide, cattolici, padri dal 2012, quando in un ospedale di San Diego una donatrice americana ha dato alla luce Elisabetta e Andrea. Anche loro, figli di Dio.

“Non esistono genitori di serie A e di serie B ma solo genitori buoni o cattivi, omo o etero che siano”. “Io e Davide”, raccontano i due, sposati all’estero, “siamo una famiglia “normale”, cattolica, frequentiamo la chiesa e i nostri bimbi sono battezzati; a chi ci guarda con sospetto suggeriamo sempre di venire a trascorrere una giornata con noi per vedere con quanto amore Elisabetta e Andrea ci chiamano entrambi papà”. La famiglia non è una questione di “natura“, ma di costrutto sociale, come qualsiasi altra istituzione.

Tutti contro Dolce e Gabbana: da Elthon John a Martina Navratilova, da Ricky Martin a Simona Ventura. Difesi solo da Mario Adinolfi (ribattezzato satiricamente da molti, “Adinolf Hitler”), al quale Stefano Gabbana ha risposto cosi: “Non ho bisogno di essere difeso da te, siete feccia umana”. Tiè.

Heather continua a raccontarsi cosi: “sono la madre di due “bambini sintetici” nati con l’aiuto della scienza; di quelli che, secondo te (rivolgendosi allo stilista), non hanno diritto di esistere al mondo, almeno in quel mondo “naturale” da te descritto come ideale con l’ostentata sicumera di chi si crede in grado di impartire lezioni di morale, sociologia e financo psicologia”.

Migliaia di mamme famose e non, che, grazie alla scienza moderna, hanno potuto esaudire il loro desiderio di maternità e donare generosamente il proprio amore di madri. In Italia sono oltre 100.000 i bambini figli di coppie gay che aspettando il riconoscimento dei diritti minimi fondamentali.

Cosi come Luciano e Davide, e i propri figli Andrea ed Elisabetta, laddove la giurisprudenza italiana considera solo il padre biologico, ossia il 34enne Davide, l’unico autorizzato a dare il proprio nome alla prole.
Il vero problema è legale; è il fatto che sulla carta Luciano non potrebbe trasferire la casa ai bambini perché passerebbe automaticamente alla madre o alla sorella non essendo il matrimonio gay autorizzato in Italia.
Sono i suoi bambini ma per l’Italia lui non esiste; “se per esempio Davide dovesse mancare io non avrei diritto alla continuità affettiva, non potrei garantire nulla e loro sarebbero affidati ai genitori o a uno dei fratelli di Davide”, continua Luciano, 52 anni, commercialista.

Tutto in nome di una presunta “ideologia” della famiglia “naturale”, dove di naturale c’è solo odio e ignoranza. Anche per Heather, la vita non ha mai avuto un “percorso naturale“, ma al contrario è sempre stata l’emblema di ciò che è inconsueto e non ordinario e quindi eccezionale: vissuta senza un padre fino all’età di 28 anni. Cresciuta poi con una sorella e un padre diverso dal suo e avendo avuto quattro figli da tre uomini diversi. Non propriamente una famiglia “tradizionale”.

Perché La famiglia, come ci ricorda la Parisi, “è un’istituzione fondamentale in ogni società umana ma “si modifica” e non è immutabile. Anche nella sua composizione”. Ciò che non è naturale è privare questi bambini delle tutele dello Stato e del diritto ad essere felici e amati dai propri legittimi genitori: quelli che quotidianamente li circondano del proprio amore.
#BoycottDolceGabbana

Gianluigi Piras

 

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