Facce di sardi / due, il viaggio nella poesia di Salvatore Ligios

A quasi vent’anni dal suo libro Facce di sardi. Ritratti d’identità, che si poneva come ambizione «raccogliere volti dei personaggi della cultura (nel senso più ampio) isolana per verificare se in qualche misura questi volti e queste immagini restituivano un’identità, l’identità di appartenenza a un popolo e a una terra, la Sardegna»,  Salvatore Ligios pubblica Facce di sardi / due – Sogni meridiani, un viaggio nel mondo della poesia isolana, in tutte le sue varianti: lingua sarda, lingua italiana, scritta, orale, improvvisata, recitata o cantata.

Il lavoro di Ligios sarà in mostra sino al 26 agosto negli spazi Move the Box di Villa Verde e potrà essere visitata senza limiti di orario. La mostra si compone di 63 ritratti di grande formato in bianconero. L’autore utilizza ancora il sistema della pellicola che sviluppa personalmente in camera oscura. Facce di sardi / due – Sogni meridiani è anche il titolo del catalogo cartaceo, curato della Soter editrice dove è pubblicato l’intero progetto composto da 118 immagini.

“Certo — riflette Ligios — sono partito dalla poesia, che è un grande amore. Ma il tarlo resta l’immagine. La curiosità era indagare le facce di questi poeti. La sfida era capire se le facce riuscivano a restituire il mistero del verbo, perché alla fotografia non puoi chiedere che ti restituisca il suono…però ti può restituire un segno, che forse… sai… non spiega tutto… ma ti indica il cammino”.

“Salvatore Ligios — osserva Sonia Borsato nella sua prefazione — corrisponde alla teoria avanzata da Rosalind Kraus nella necessità di re-inventare il medium attraverso l’uso che se ne fa. E allora la fotografia diventa — forse suo malgrado, suo del mezzo e suo dell’autore — processo intellettuale analitico di conoscenza, mezzo che si fa carico della più difficile di tutte le missioni, la meno sociale la più ininfluencer: riattivare un dialogo fra realtà separate”. 

Il collegamento fra queste realtà separate passa, nell’idea di Ligios, attraverso il ritratto ambientato che restituisce, oltre lo sguardo, anche il contesto di vita e di lavoro  delle persone fotografate. Il ritratto come costruzione di una riflessione che passa attraverso la relazione istantanea fra persone mutuata dalla fotografia con un atto di fiducia. 

“Siamo più o meno abituati — scrive ancora Sonia Borsato  all’auto rappresentazione  semplificata ormai nel selfie che si trascina però un sottotesto negativo che appiattisce l’interrogazione interiore e la scoperta di quell’uno, nessuno e centomila che pirandellianamente mi abita. Declinata nei ritmi veloci del social, piegata allo sguardo veloce, al divora e dimentica. Offrirsi per un ritratto, che ha tempi di gestazione e poi di consumo molto più lunghi, richiede una fiducia molto diversa.  La fede è merce preziosa. Ci si mette nelle mani — negli occhi, a dire il vero — del fotografo che scruta. Ci appiana come un sarto farebbe con una stoffa stropicciata. Veniamo stesi su un tavolo e ogni piega di noi messa in luce. Letteralmente. Raccoglie tutte le nostre briciole, quelle rimaste nascoste nelle balze delle nostre giornate meno felici, e le fa diventare gemme”. 

Facce di sardi/2 è un viaggio lento e studiato attraverso gli sguardi per scoprire quella luce, quel bagliore, quel segno che restituisca il senso del fotografare, che sveli quello che solo lo sguardo può mostrare, per placare l’ansia di dialogo fra mondi — la parola e l’immagine — mai così complementari.

Enrico Pinna

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