Madrid enorme bazar. La vittoria dei negozi del progresso

Ogni anno, durante le feste natalizie, le vie del centro di Madrid sono invase all’inverosimile da orde barbariche di turisti e compratori globali. Centinaia di migliaia di persone che fanno letteralmente a spintoni e gomitate pur di raggiungere tra la calca i negozi delle grandi marche internazionali, gli empori multipiano e i rinomati centri commerciali.

Il cuore della città, e non solo a Natale, è già da tempo un enorme bazar, pensato e allestito ad uso e consumo del consumatore, una sorta di presepe vivente permanente dove i re magi non vanno a portare doni al bambinello, ma aspettano i saldi per acquistare l’intera mangiatoia o accaparrarsi in offerta il bue e l’asinello.

Niente di nuovo sul fronte occidentale, insomma. Siamo figli del consumismo di stato, e i padri e le istituzioni vanno sempre rispettati, si sa. Anche quando il costo di tali scelte affaristico commerciali vada a discapito della città e dei cittadini che in essa vivono, a vantaggio del turista d’assalto e del cliente provvisto di conto corrente.

Madrid come Barcellona, Istanbul come Lisbona, la faccenda è ormai globale e presenta dappertutto le stesse caratteristiche: gli appartamenti del centro sempre più cari, quando non introvabili, perché profumatamente affittati a giorni o ad ore al viaggiatore comprante; i piccoli negozi sacrificati alla causa delle grandi catene; la logistica e la dinamica delle isole pedonali sincronizzate con l’illuminazione a tempo delle vetrine e il saliscendi meccanizzato delle saracinesche.

Di questo passo – quando non è già la realtà dei fatti – , ciò che un tempo era l’agorà pulsante e lo scenario partecipato della vita urbana della gente, diventerà ben presto un enorme contenitore vuoto, un salvadanaio di porcellana bello fuori ma morto dentro, nel quale l’unico rumore gradito sarà il tintinnare di sonanti monete che man mano che lo riempiranno di valore lo svuoteranno di identità e di sentimento.

Oggetti senz’anima, dunque, proprio come a Madrid si apprestano a diventare l’emblematico “Edificio España”, grattacielo situato nella piazza omonima, e l’enorme complesso immobiliario di Canalejas, a due passi dalla centralissima Plaza del Sol. Quest’ultimo, a dire il vero, è un insieme di ben cinque palazzi storici di un elegante stile neorinascimentale e neobarocco, dei quali attualmente rimangono in piedi soltanto le facciate puntellate.

Tutto il resto, è stato sventrato e demolito dalle ruspe e dalle gru; gli interni, con le volte stuccate e colonne sormontate da capitelli ornamentali, buttati giù o rimossi per fare spazio a un centro commerciale di 15.000 metri quadri, un hotel 5 stelle gran lusso da 211 camere, 25 appartamenti indipendenti ad uso alberghiero e un parcheggio per 450 posti auto. L’“Edificio España”, con i suoi 25 piani ripartiti su 117 metri di altezza, per diversificare l’offerta ospiterà, invece, un mega centro commerciale, un hotel di lusso e appartamenti ad uso alberghiero. Viva l’originalità!

Ormai è questione di pochi anni o mesi. I due nuovi salvadanai non tarderanno a battere cassa e trangugiare avidamente le tanto agognate monete. Ci stanno lavorando sodo, e non sarà certo un’ingiunzione del tribunale per danno al patrimonio storico a paralizzare le opere. Si paga la multa e via, che qui c’è in ballo il lavoro di migliaia di persone, senza contare l’indotto che ne deriverà.

E allora, finalmente, anche Madrid avrà terminato il suo parco di divertimenti per utilizzatori compulsivi di carte di credito, là dove già abbondano le oasi consumistiche e le tentazioni commerciali. E andrà fiera della sua città nella città, così snaturata e così omologata ai non luoghi della maggior parte delle metropoli del mondo, con le facciate dei nuovi templi del denaro sempre impeccabili e splendenti, gusci vuoti che contengono una sostanza anonima e una storia inconsistente.

Il cammino è segnato, non ci saranno ripensamenti. Del resto, questo ci offrono e questo chiediamo. Siamo figli del consumismo di stato, e i padri e le istituzioni non si discutono: è il progresso!

Andrea Ortu

Intervento pubblicato anche su https://quadernispagnoli.wordpress.com/

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