Valentina Sanna: “Il falso spettro del voto utile”

Da Valentina Sanna, candidata alle elezioni regionali per la coalizione Sardegna Possibile, riceviamo e pubblichiamo.

Si dà il caso che il passo indietro di Francesca Barracciu, reso necessario a causa di una vicenda giudiziaria che pesa in egual misura su gran parte dell’attuale Consiglio Regionale, venga ancora riproposto come un atto di generosità nei confronti del PD e dei suoi elettori. Uno scandalo che, pare, non costituirebbe lo stesso impedimento per la conferma di altrettanto “imbarazzanti” candidature alle prossime elezioni in Sardegna. L’opportunità di rimanere in campo, con in tasca la vittoria alle primarie e un un avviso di garanzia recapitato all’indomani dell’investitura, non spetta certo a me giudicarla.

Ma gli effetti di quel combinato disposto sono stati a lungo sotto gli occhi di tutti: la designata di un centrosinistra già diviso sul metodo di scelta, è caduta in disgrazia sotto i colpi dei suoi primi sostenitori. Ostracizzata dagli stessi che si avventuravano in endorsement pubblici nei giorni felici dell’annunciato e atteso rinnovamento incarnato dall’europarlamentare, Francesca Barracciu è diventata in un attimo l’ostacolo da rimuovere per poter ridare smalto e dignità morale a un PD appannato e in caduta libera nei sondaggi. È fin troppo evidente, dal momento che sembrano profilarsi le candidature di alcuni consiglieri regionali ugualmente inquisiti, che la rimozione di Francesca prescinde dalla questione morale tanto cara, e giustamente, non solo agli iscritti del PD ma a larga parte dei sardi.

Un po’ meno risulta esserlo per quelli che la stessa Barracciu definisce “capibastone“, che considerano la questione da un punto di vista puramente tecnico e oggettivo: qualora eletta dovesse sopraggiungerle la condanna per il reato per cui è indagata, la Presidente della Regione decadrebbe per effetto della legge Severino provocando la caduta della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. Se la stessa sorte dovesse toccare a un parlamentare regionale, egli verrebbe sostituito dal primo dei non eletti della lista. Non c’è questione morale, non c’è accoglienza dell’istanza, vera e sofferta, di pulizia e integrità. Solo senso pratico.

La scelta del prof. Pigliaru è apparsa, sul momento, una buona soluzione per uscire dall’angolo. Eppure, se si confermeranno alcuni nomi che girano sulla stampa, la dignità della sua candidatura e l’indiscutibile curriculum accademico rischiano di trasformarsi, malgrado lui, in un passe-partout nelle mani di chi “cambia tutto per non cambiare niente”. Spero di sbagliarmi. Lo spero perché, più dei soldi pubblici eventualmente sottratti ai sardi meno privilegiati di loro e sempre più poveri, il capitale sperperato e non quantificabile è proprio la fiducia dispersa di chi considera il cambiamento vero una fantasia irrealizzabile.

Sardegna Possibile nasce principalmente con l’intenzione di restituire ai sardi quel patrimonio sottratto in anni di smodata dipendenza della politica locale dagli interessi economici esterni e dalle segreterie romane dei partiti; insieme alla consapevolezza che, mai come in questo momento di devastante crisi di economia e di valori, di frattura e di distanze percepite come incolmabili, tra le persone e le istituzioni, si richiede una rielaborazione del significato di convivenza civile a partire proprio dalla comunità e dai suoi compiti; e dalla comprensione che, se non si traduce in atti di costruttiva ribellione civica, la giusta riprovazione nei confronti di una classe politica in perpetua autoconservazione resta solo un’arma puntata contro il nostro stesso destino. La legge elettorale con cui ci stiamo apprestando a votare è figlia del sistema nel quale siamo cresciuti e della sua paura, mai così giustificata come oggi, di perdere un potere più ispirato alla gestione clientelare che all’attiva partecipazione delle persone libere alla vita politica.

Lo sbarramento al 10% delle coalizioni; la possibilità di vincere con il solo 25% con un risicato premio di maggioranza insufficiente a governare stabilmente e che prefigura larghe intese in salsa sarda tra i due schieramenti tradizionali. Il terzo candidato Presidente che non entra neanche se supera lo sbarramento. Il tutto confezionato con il voto segreto per eliminare la doppia preferenza di genere. Non c’è che dire. Un capolavoro. Assistiamo già da tempo, da quando abbiamo deciso di costruire un’alternativa politica radicalmente diversa con Michela Murgia candidata di Sardegna Possibile alla Presidenza della Regione, agli appelli al cosidetto “voto utile”. Tralascio l’aspetto, di per sè irrispettoso, del considerare valido solo il voto di chi sceglie “loro”. Ma creare ad arte gli impedimenti a una vittoria netta da parte di uno degli schieramenti e poi ricattare l’elettore con l’invocazione al voto utile per ovviare ai guasti prodotti da loro, dà il segno di una faccia tosta inconcepibile.

So per certo che l’unico voto inutile è non votare affatto. Perché il giorno dopo le elezioni, che abbiamo esercitato o no il nostro diritto di scelta, qualcuno prenderà delle decisioni per noi.
Con il risultato che, riducendo i nostri spazi di democrazia, lasciamo sempre più indisturbato il campo a chi ci impoverisce, moralmente ed economicamente. E non cambieremo le cose rifugiandoci nel nostro privato. Sardegna Possibile sta rovesciando anche questa prospettiva. I processi partecipati che abbiamo attivato nella fase di realizzazione del programma attraverso gli OST sui temi centrali che lo caratterizzeranno, qualificano il nostro modello sociale di riferimento orientato all’inclusione.

Ci piace ascoltare e parlare con chi ha qualcosa da dirci o la curiosità di sapere. Abbiamo trasformato l’obbligo della raccolta delle firme (solo per le nuove formazioni politiche come Sardegna Possibile o i piccoli partiti privi di rappresentanza nel Consiglio regionale) da incombente adempimento burocratico a splendida occasione di scambio con tanti sardi che magari non saremmo riusciti a incontrare da qui alle elezioni del 16 febbraio. Il voto utile, noi lo abbiamo già espresso quando ci siamo riconosciuti e scelti per realizzare un progetto per i sardi. Non siamo una “folla” ma una collettività che vuole darsi un’alternativa che fino ad ora nessuno gli ha offerto veramente.

Non dirò chi non è utile votare. Dirò solo cosa penso sia utile fare. Abbiamo un progetto, sicuramente ambizioso ma allo stesso tempo necessario: decidere, come dice Michela, qual è la “nostra comunità di destino”. Ciascuno di noi, per quello che può, come può, deve concorrere a ricostruire quella rete di relazioni che, partendo dal riconoscimento del valore e dei bisogni della persona, costruisce l’identità collettiva che si definisce comunità. Da qui si riparte. Spero per andare, finalmente, molto lontano.

Valentina Sanna
Sardegna Possibile

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