Parco Geominerario, “il commissario doveva risolvere i problemi. Non l’ha fatto”

Da Sandro Mezzolani, ex Capo area del Consorzio del Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna, riceviamo e pubblichiamo un intervento in risposta alla relazione di fine mandato dell’ex commissario del Parco Gian Luigi Pillola.

Il Commissario Straordinario viene nominato d’urgenza da Prefetti (nel caso di enti territoriali) o dal Ministro dell’Ambiente (nel caso del Parco Geominerario) per risolvere problemi seri che compromettono l’esistenza degli enti. In Italia i Commissari sono invece destinati a durare quasi in eterno; raramente risolvono i problemi e talvolta neppure cercano di porvi rimedio. I Commissari sono spesso “poltrone” da affidare ad amici o ex Amministratori locali, con o senza particolari capacità. Del resto non dimentichiamo che per il poco lavoro la legge prevede un’indennità più altri benefit (macchina di servizio, cellulare, tablet, viaggi istituzionali, ecc) di circa 3 mila euro al mese. Niente male. Mi spiace dirlo ma l’ex Commissario non ha a mio avviso risolto i problemi per i quali è stato nominato nel 2013, andava quindi sostituito. Punto e basta.

Sulle condizioni del Parco Geominerario mi interessa esprimere un parere piu’ ampio e credo costruttivo. Il Parco e’ stato pensato a partire dalla metà degli anni Novanta come possibile alternativa al crollo del settore minerario tradizionale (nelle aree dell’Iglesiente, dell’Arburese, della Sardegna centrale e del Monte Albo). Tra gli obiettivi la valorizzazione del patrimonio immobiliare immenso (oltre 1500 edifici e migliaia di ettari di terreni), la bonifica di aree compromesse dall’attività estrattiva e la creazione di attività turistiche e commerciali nei siti minerari dismessi. Così come avvenuto (a volte con successo) nei siti minerari Francesi e Tedeschi e in molte aree d’Italia. Le prospettive erano interessanti per i circa 500 lavoratori delle miniere e per le generazioni successive. I soldi (allora) non mancavano e neppure la progettualità.

Anche l’Unesco nel 1998 riconobbe l’elevato valore storico e le potenzialità turistiche e culturali delle miniere sarde. Nel 2001 giunse il decreto istitutivo e poi il nulla o quasi. Il primo Presidente, l’ex Assessore dell’Ambiente Emilio Pani passò tre anni a pagare fatture di energia elettrica fino al primo Commissariamento del Parco (e forse anche il piu’ utile) nel 2007. Poi un secondo Commissario e quindi un terzo; ora c’è il quarto Commissario, chissà che la politica non stia individuando anche il suo successore (sempre Commissario s’intende).

In questo lungo periodo (2001-2016) la Regione Sardegna investe nelle aree minerarie una “montagna” di soldi pubblici, fra lavori affidati ad una società privata (Ati-Ifras), all’Igea e un’altra giungla di consulenti, società di servizio incaricati di studiare, caratterizzare di tutto di piu’. Iniziano nel 2001 i primi lavori di restauro degli immobili ex minerari, precisamente a Villasalto, ne seguiranno altri fino ad arrivare ad oggi, con oltre 100 edifici recuperati (Arenas, Orbai, San Benedetto, Argentiera, Baccu Locci, Corti Rosas, ecc). È facile dimostrare che oltre il 70% di queste strutture recuperate (pagate con soldi pubblici) è inutilizzato per mancanza di idee, per problemini burocratici e altri motivi. Ma poco importa, tanto paga la Regione Sardegna.

Se i cantieri edili non mancano anche la Formazione Professionale vara corsi per guide minerarie o altre figure simili; tanti giovani escono dal processo formativo e praticamente nessuno troverà da lavorare in un sito minerario. Anche le bonifiche non partono o partono malissimo; semmai partono le consulenze per pochi amici, per studiare e verificare, ma per bonificare. L’unica bonifica che ha successo, nel Comune di Villaputzu, non si perde fra aziende regionali o consulenti di comodo. Il Comune fa un bando pubblico per individuare i progettisti e uno per individuare l’azienda che porterà a termine i lavori (in anticipo e con ottimi risultati).

I costi per il “post-miniera” si aggirano sui 500 milioni di euro (dal 2001 ad oggi), per non bonificare, per valorizzare pochi siti e per tenere al lavoro poco meno di 400 persone. Di indotto turistico è meglio non parlare, come è impossibile valutare la sostenibilità futura di questa macchina “mangiasoldi”, se non con il licenziamento di quasi tutto il personale. Per fortuna non tutto va male; a Rosas, Serbariu e Montevecchio i turisti arrivano, soprattutto grazie ai sacrifici dei lavoritori che vi operano che per l’impegno del Parco Geominerario. Ma 15-20 mila turisti sono troppo pochi per i siti minerari piu’ belli d’Italia; dovrebbero e potrebbero essere molti di piu’: almeno 70 mila. Ma la promozione è scadente. Il Parco spende su importanti riviste di settore, tipo quella della Guardia Costiera o quella dei Vigili del Fuoco ma anche su qualche rivista un tantino vicina ai temi del turismo. Ma in quegli anni i siti sono chiusi e molti turisti – con la rivista in mano – trovano cancelli chiusi e ragnatele. Il Parco dal 2010 investe nello scalo di Elmas, mostrando le bellezze dei siti minerari sardi ai viaggiatori in partenza!!! Spesso mi sono chiesto se era un problema tecnico, ma nessuno dal Parco ha chiarito i risultati dei promo che ogni anno e da diversi anni ci costano 30 mila euro.

Il sistema dei musei minerari tedeschi, ogni anno, investe meno soldi rispetto alla Sardegna ma ricava tantissimi euro, con oltre 1 milione di visitatori contro i 20-30 mila della Sardegna. Tanti denunciano questo disastro, ma le Giunte Regionali (tutte) pensano ad altro – del resto – afferma un ex Governatore, i soldi del Parco arrivano dal Ministero dell’Ambiente. Personalmente ho denunciato spesso alla Segreteria dei vari ministri ma anche da Roma nessuna risposta. Silenzio.

Giudicare l’operato dei Commissari è a dire il vero è difficile. Gli ultimi due non hanno mai pubblicato le determine e la ricerca delle delibere non era facile. Solo l’attuale Commissario, sarà perché è avvocato, ha fatto finalmente “trasparenza” sulle attività del Parco. Attività che però possiamo elencare, ad iniziare dai convegni di odontoiatria, alle mostre su Sandokan e ai “balletti” fra pale meccaniche (originale ma seguito solo da 50 persone + 1 cane, per una spesa di 5 mila euro), abbiamo anche finalmente due sentieri escursionistici (sui monti del Sulcis), finiti nel vortice di Sindacopoli.

Il Parco Geominerario è una bella macchina con le ruote sgonfie e senza una guida valida. Ha però una dote straordinaria, circa 14 milioni di euro dovuti all’incredibile capacità del parco di risparmiare. Questo fa del Parco Geominerario l’ente Parco più ricco d’Italia, ma anche uno fra i piu’ in ritardo in termini di sviluppo. 15 anni.

Cosa serve, ad esempio la Riforma del Parco è pronta, va solo perfezionata. Serve una dirigenza motivata con pochi ma chiari obiettivi. Servono operatori privati nella gestione dei siti e esperti di marketing; serve anche la Politica. Nelle giuste dosi.

Sandro Mezzolani

 

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