Lingua blu, pastores semus totus. Un intervento di Gesuino Muledda

Da Gesuino Muledda, presidente dei Rossomori e già assessore regionale all’Agricoltura, riceviamo e pubblichiamo.

Tanto tempo fa, quando scoppiò la prima epidemia di lingua blu, fui preso da sconforto. Mi sentivo pastore in mezzo alle pecore moribonde. Le bestie moribonde fanno più dolore. Danno disperazione. Una volta ho visto delle bestie sgarrettate. Ho visto i loro occhi. Ho visto la stanchezza della sofferenza. E guardavo il pastore e vedevo il pianto e l’odio contro chi aveva commesso quella atrocità. E poi la decisione di mettere fine alla sofferenza degli animali; quasi una liberazione.

Le pecore moribonde fanno venire dolore, rabbia, disperazione, senso di impotenza. E rabbia. Tanto tempo fa quando è scoppiata la prima epidemia di lingua blu decisi che bisognava fare qualche cosa, per imporre a chi governava e anche all’opinione pubblica, un argomento vitale per l’economia della Sardegna e per le comunità rurali.
Così decisi di organizzare un concerto per la lingua blu. Lo organizzai, con l’aiuto di alcuni amici in Gavoi. In piazza di San Gavino. Si prestarono gratuitamente tanti artisti di Sardegna. Cantò Piero Marras e Andrea Parodi: si esibì Benito Urgu e tanti altri che ancora ringrazio. Appendemmo per la prima volta lo striscione con la scritta “pastores semus totus“. Il Comune di Gavoi diede il suo contributo, importante. Altri, che dal latte e dai pastori hanno fatto ricchezza hanno promesso ma non hanno onorato gli impegni. Qualcuno ha pagato. Solo per memoria.

Ora mi ha ripreso l’angoscia del pastore. Mi viene lo sconforto delle donne dei pastori. Mi viene la rabbia dei pastori e delle comunità lacerate e impoverite. Non la reggo più.
Non sono un tecnico. Non voglio fare il tecnico. Se qualcuno mi chiedesse un parere lo darei veramente di cuore e con tutto il mio impegno. O forse lo dirò in altro luogo. Comunque.
Voglio solo essere pastore, figlio di pastore, figlio di una comunità che mi fa sentire istintivamente solidale.
Ecco, io non capisco come in una Sardegna che dalla pastorizia e dalle comunità rurali trae le sue radici più profonde; ecco io non riesco a capire come questa Regione che sperpera tanti soldi, non abbia trovato, in tutti questi anni, i fondi per organizzare la battaglia per sconfiggere questa pestilenza. E perché non si sia organizzata la prevenzione e un piano di salute animale capace di dare sicurezza ai nostri pastori.
Non c’è testa. Non c’è cuore. Non b’at omines.
Voglio comunque testimoniare il rispetto per la intelligenza dei pastori, quelli che fanno rete all’antica e quelli che fanno rete nel web. Ho visto giovani con grande cuore. Ho visto pastorizia con grande capacità e cervello. E studio e conoscenze. E grande senso di solidarietà.
E non colpevolizzo veterinari o tecnici. Per chi doveva provveder e non lo ha fatto valga il giudizio dei pastori e della comunità. E chi deve provvedere provveda. O si metta da parte.
Alle organizzazioni di categoria vorrei raccomandare non soltanto di metterci più impegno e stringere la Giunta regionale fino a far capire che la pazienza è finita. Bisogna mettere in campo una azione di lotta adeguata alla disgrazia. E raccomanderei di metterci il cuore. Non bastano i comunicati che leggo.
Bi cheret coro.

Gesuino Muledda

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