Coordinamento pro Sardu Ufiziale: “Per Nutella il sardo è dialetto. E per i sardi?”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento del Coordinamento pro su Sardu Ufiziale

Il Coordinamento pro su Sardu Ufitziale, avendo appreso dal notiziario di Sardinia Post che la nota multinazionale Ferrero pubblicizza il suo noto prodotto Nutella attraverso un gioco linguistico in rete, relegando il sardo però al ruolo di dialetto, ritiene di dover denunciare e condannare questo fatto.

Purtroppo non è una novità, né la Ferrero è l’unica a farlo in Italia, nonostante il sardo goda dello status di lingua riconosciuta ufficialmente dallo Stato Italiano già da 16 anni con la legge numero 482 del 1999. Evidentemente c’è ancora molta strada da fare se la percezione comune della nostra lingua in Italia è ancora di tipo dialettale.

Si comincia male, soprattutto nel mondo della scuola. Basti ricordare che nell’autunno del 2013 un sussidiario dell’editore Giunti riportava la stessa definizione di “dialetto” per il sardo. O il caso, sollevato dallo stesso CSU nel febbraio di quest’anno, di un atlante geografico adottato nelle scuole che riportava la stessa definizione per il sardo ridotto a variante dialettale in compagnia di friulano e ladino (tutelati dalla stessa legge).

Di sicuro inoltre non aiuta l’affermazione dello status della lingua sarda l’atteggiamento del Governo e del Parlamento che tenta comunque sempre di misconoscere la dignità della lingua sarda così come è capitato di recente con l’esclusione dal novero delle lingue tutelate per legge nell’ambito della riforma Rai. E neanche il continuo taglio di fondi alla legge 482.

C’è pero – secondo il CSU – un atteggiamento e un comune sentire che va modificato anche in Sardegna perché la differenza tra “lingua” e “dialetto” non è scientifica, e non è per sempre, ma anzi appartiene a una visione politica e sociologica che va sempre riaffermata.

La debolezza, per esempio, del processo di standardizzazione del sardo, e la continua riproposizione polemica delle varianti cantonali, locali, municipali e individuali, quali ricchezza che verrebbe messa in discussione dalla lingua comune scritta, non fa altro che indebolire lo status della lingua ufficiale e la ricaccia verso la dimensione dialettale e folkloristica.

L’insieme delle varianti-dialetto sarde rappresenta il sistema linguistico della lingua sarda. Ma se manca una lingua scritta comune, questo sistema sarà senza dubbio un sistema dialettale estraneo all’italiano e originale, ma pur sempre dialettale. La lingua comune resterà l’italiano e il resto sarà lingua inferiore cioè dialetto. Anche le altre lingue della Sardegna (che vanno tutelate e standardizzate a parte allo stesso modo) come il gallurese, il tabarchino, il sassarese e il catalano.

Sono diversi i fattori che “fanno” una lingua, ma la presenza e l’uso di uno standard codificato convenzionale è certamente uno di quelli irrinunciabili. Invece, dalle nostre parti, ciò non si è ancora metabolizzato e si continua in una schizofrenica e antistorica guerra contro la standardizzazione anche da parte di settori del movimento linguistico le cui posizioni sono divisive, tendenti al folklore e incomprensibili.

Siamo anche noi sardi, quindi, che ci raccontiamo al mondo come “dialetto” e non come lingua e gli altri spesso raccolgono il messaggio e lo rilanciano. Ciò però non giustifica il pessimo uso che la Ferrero ha fatto del sardo equiparandolo a dialetti non riconosciuti e non ammessi a tutela di legge.

Pertanto il Csu, scriverà una lettera alla Ferrero e, protestando vivacemente, chiederà di ripristinare per il sardo la dizione corretta di “lingua”.

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