Sperimentazione 5G, cresce la paura: “Sospendere subito il programma”

Il programma di sperimentazione 5G, che coinvolge Cagliari e altri centri della Sardegna come Noragugume, Segariu e Pompu, sta scatenando reazioni di contrarietà in diverse parti del mondo civile e scientifico. Il comitato ‘No 5G in Sardegna’ ha deciso di avviare una vera e propria battaglia nei confronti del progetto sulla nuova generazione della telefonia. A supportare le tesi di chi si sta opponendo a questo programma ci sono i pareri di Isde Medici per l’ambiente che hanno evidenziato i rischi per la popolazione. Secondo il Comitato potrebbero esserci, infatti, costi alti in termini di salute: “L’esposizione di intere cittadinanze ventiquattro ore su ventiquattro a campi elettromagnetici ad altissima frequenza, sino ad oggi mai esplorate su ampia scala, pone un problema etico e di grande responsabilità a chi amministra le città candidate alla sperimentazione”.

A Cagliari, nella scalinata del Bastione, c’è stato un flash-mob da parte del Comitato che ha voluto utilizzare una rete-ragnatela sopra una cinquantina di persone per dire ‘no’ alla sperimentazione. Si fa sempre più forte, dunque, la richiesta ai sindaci, da parte di Isde-Medici per l’ambiente e i comitati cittadini, di non aderire ai programmi di sperimentazione a meno che non “vengano forniti dai certi sugli effetti dell’inquinamento elettromagnetico ad alte frequenze sulla salute”.

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Per ora il sindaco di Noragugume, Federico Pirosu, quello di Segariu, Andrea Fenu, e il collega di Pompu, Moreno Atzei, hanno già “espresso la propria contrarietà alla sperimentazione”, sottolineano i rappresentati del comitato che rilanciano l’appello al neo eletto primo cittadino di Cagliari, Paolo Truzzu. Dunque la battaglia continua con proteste e flash mob perché “sottovalutare o ignorare il valore delle evidenze scientifiche disponibili non appare eticamente accettabile”. Sull’utilizzo del 5G su tutto il territorio italiano pesa anche la richiesta di moratoria dell’Isde, con l’obiettivo di non andare avanti con il progetto fino a quando “non sia adeguatamente pianificato un coinvolgimento attivo degli enti pubblici deputati al controllo ambientale e sanitario e non siano messe in atto valutazioni preliminari di rischio secondo metodologie codificate e un piano di monitoraggio dei possibili effetti sanitari sugli esposti, che dovrebbero in ogni caso essere opportunamente informati dei potenziali rischi”.

Sulla questione interviene anche Claudia Zuncheddu (nella foto), membro del’associazione Isde-medici per l’ambiente, che sottolinea l’impegno assicurato dai primi cittadini. “Un plauso ai tre sindaci sardi per il moto d’orgoglio e di responsabilità con cui si oppongono alla sperimentazione della tecnologia 5G nei loro centri urbani. È una lezione di civiltà su come si amministra il bene comune a partire dalla salute delle proprie collettività -scrive in una nota – a differenza di Cagliari, la cui candidatura a divenire città per la sperimentazione del 5G è stata una scelta volontaria della precedente amministrazione”. Secondo l’ex consigliera regionale, “il diniego dei tre sindaci sardi è la dimostrazione che le collettività possono ribellarsi alle imposizioni che contrastano con i diritti e gli interessi dei sardi”. Secondo l’esperta dell’Isde i timori su questo tipo di campi elettromagnetici non riguarda solo i medici in prima fila. “Le preoccupazioni per la salute arrivano anche da fisici ed esperti in campi elettromagnetici come Andrea Grieco, che ha dichiarato: ‘con il 5G si ha un’estensione delle bande di frequenza utilizzate su cui esistono pochi studi rispetto agli effetti biologici… stiamo realizzando, insomma, un enorme esperimento in diretta sulle persone'”.

Sulla questione è intervenuto qualche tempo fa anche l’assessore regionale all’ambiente, Gianni Lampis, che rispondendo all’allarme dell’associazione italiana dei medici per l’ambiente, ha spiegato che “quello del 5G è un problema ad ampio raggio sul quale non possiamo intervenire direttamente. Ci sono livelli istituzionali che vanno rispettati ma è anche vero che non possiamo limitarci a fare da passacarte. Io mi occupo della tutela dell’ambiente e da parte mia posso dire che se queste persone porteranno dati specifici sono pronto a incontrarle e fare gli approfondimenti del caso”.

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