Serre fotovoltaiche, il comitato di Narbolia: “La posizione della Regione rafforza la società Enervitabio”

Sotto le 1614 serre fotovoltaiche il nulla, ma in attesa della sentenza del Consiglio di Stato il mega-impianto di Narbolia continua a produrre energia e ad incassare gli incentivi per le rinnovabili. L’attacco parte dal locale comitato S’Arrieddu, impegnato insieme ad Adiconsum e Italia Nostra in una dura battaglia legale contro la società Enervitabio proprietaria delle serre, la Regione e il comune di Narbolia. Duro il commento del comitato a proposito della posizione di Regione e comune arrivato da Pietro Porcedda: “Nonostante i due enti si siano pubblicamente detti contrari all’impianto, hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato, precisando che si tratta di un atto necessario a tutelarsi. Ma, nella pratica, rafforzano la società Enervitabio”. “E pensare – aggiunge Porcedda – che l’attuale sindaco di Narbolia Maria Giovanna Pisanu si è opposta alla Enervitabio in qualità di legale di fronte al Tar Sardegna, che a ottobre dell’anno scorso ha dichiarato abusivo l’impianto”. La sentenza è stata poi sospesa in seguito al ricorso al Consiglio di Stato presentato dalla società e, a ruota, da Regione e comune.

Per rischiarare l’intricata vicenda delle serre fotovoltaiche di Narbolia bisognerà dunque attendere la decisione del più alto organo della giustizia amministrativa. Ma intanto arriva la bordata dell’Adiconsum: “A dimostrazione del mancato impiego ad uso agricolo dei 64 ettari occupati dall’impianto (condizione necessaria per ricevere le autorizzazioni, ndr), la mancata presentazione dei bilanci per gli anni 2012 e 2013 da parte dell’Enervitabio. Se pubblicati, i documenti contabili mostrerebbero che la società non raggiunge almeno la metà dei ricavi dall’attività agricola, come invece dovrebbe, pena la truffa”, rivela il responsabile dell’associazione Giorgio Vargiu.  E si domanda: “Cosa fanno le procure di Cagliari e Oristano, che sul caso hanno avviato le indagini? Non ci risultano né archiviazioni né richieste di rinvio a giudizio”.

Nel frattempo, l‘Enervitabio non se la passa poi così male, dato che continua ad usufruire delle tariffe incentivanti pagate dal Gestore del servizio elettrico. “La società ha avuto accesso agli incentivi sulla base di dichiarazioni false, sostenendo che il progetto era stato approvato cinque mesi prima della data dell’effettivo via libera, superando così ditte che invece avrebbero diritto a quelle tariffe”, attacca Porcedda. E spiega: “Tuttavia il Gse non li ha cancellati per questo motivo, ma per il ritardo di un mese sul collaudo dell’impianto”. Ed è qui che si apre il giallo: “Per la Enervitabio il ritardo sarebbe dovuto al blocco imposto dal Tar Sardegna, ma i giudici amministrativi hanno sospeso i lavori solo per un giorno. Per di più, di fronte ai giudici amministrativi, la Enervitabio ha sostenuto che i lavori erano praticamente finiti, ragion per cui il Tar è tornato sui suoi passi”, spiega Porcedda. E aggiunge: “Eppure, nell’ambito del procedimento che oppone la società al Gse aperto presso il Tar del Lazio, l’Enervitabio ha precisato che i ritardi sono da imputare al blocco imposto del Tar Sardegna, facendo emergere che i lavori non erano esattamente in dirittura d’arrivo. Tesi, questa, accolta dai giudici amministrativi del Lazio, che ha dunque disposto la sospensione della cancellazione dal registro degli incentivi. Nel frattempo, il Gse è ricorso al consiglio di Stato contro la sentenza del Tar Lazio”.

“Il nostro obiettivo non coincide esattamente con la vittoria nella battaglia legale”, spiegano i membri del comitato. “Ci vogliono atti di indirizzo forti da parte della Regione, vale a dire un piano energetico-ambientale che ci porti fuori dal far west della speculazione energetica e la volontà di recuperare terreni agricoli e rivalutare i piccoli agricoltori: solo così si può salvaguardare ambiente e paesaggio. I rischi, in caso contrario, sono quelli di creare danni economici al comparto primario e minare l’identità dell’Isola, che proprio attraverso il pasaggio si esprime, con danni per il turismo”, precisano.

Per coprire le spese legali e la condanna a pagare 3000 euro comminata di recente dal Consiglio di Stato, S’Arrieddu, Adiconsum e Italia Nostra hanno lanciato una campagna di raccolta fondi.

Piero Loi

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