Come molte altre specie esotiche, da anni sono diventate una seria minaccia per la biodiversità, tanto da costringere l’Europa a emettere un regolamento apposito per la loro eliminazione progressiva. Sono le tartarughe palustri americane, nome scientifico Trachemys scripta, bandite anche dalla Regione Sardegna, che per recepire la normativa europea e il successivo decreto legislativo italiano che risale ormai a due anni fa, sta predisponendo un Piano regionale di eradicazione di questa specie e sta avviando una prima indagine conoscitiva sulla presenza della tartaruga nel territorio regionale (fiumi, laghi e bacini artificiali). Così, per effetto della legge, chiunque sia in possesso di un esemplare di questa tartaruga di acqua dolce, detta anche ‘dalle orecchie gialle’, è obbligato a denunciarla attraverso un modulo scaricabile dal sito internet specieinvasive.it.
A dare corso per prima nell’Isola agli obblighi è stata la Provincia di Oristano che oggi ha diffuso un avviso alla cittadinanza chiedendo di compilare il modulo e inviarlo all’ufficio faunistico dell’ente. “La Trachemys scripta è un rettile con dimorfismo sessuale, che ha un habitat preferito rappresentato da laghi, bacini artificiali e fiumi dal corso d’acqua lento e fangoso ricche di piante acquatiche – si legge nella nota diffusa dall’ufficio stampa -. Essendo una specie esotica invasiva aliena, è considerata una terribile predatrice di anfibi, pesci e uccelli acquatici, entra in competizione con le specie autoctone dell’habitat sopracitato, determinandone la diminuzione e compromettendo gli equilibri esistenti dell’ecosistema. A tal proposito è necessario adottare opportune misure finalizzate ad impedire la fuga dell’animale ed impedirne la riproduzione: per questo motivo è severamente vietato abbandonarle in natura”.
Voraci, onnivore, senza particolari esigenza di habitat (se non la presenza d’acqua dolce), queste tartarughe sono temibili predatrici di anfibi, pesci, insetti e uova, si adattano bene al nostro clima, competono con le specie locali e proliferano anche in natura causando un serio impatto negativo sulla biodiversità. Ad oggi il problema principale è dovuto ai rilasci intenzionali di migliaia di esemplari adulti nei corsi d’acqua, da parte dei cittadini.