Il patrimonio archeologico sommerso nelle acque del Golfo dell’Asinara ha ora un angelo custode che lo protegge da danneggiamenti casuali e dalle razzie dei ladri. È il sistema di vigilanza e monitoraggio attivato l’8 ottobre dalla Capitaneria di Porto Torres con la Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio di Sassari e Nuoro per tutelare i relitti e altri beni risalenti alle epoche punica e romana ritrovati negli anni scorsi sui fondali davanti all’isola parco dall’ingegnere subacqueo, Guido Gay. Il sistema si basa sulle regole indicate in un’ordinanza della Guardia costiera, dove sono elencati divieti e prescrizioni da rispettare nell’area protetta, e sul sistema informatico ‘Pelagus’, di cui è dotata la sala operativa della Capitaneria, in grado di acquisire dati e registrazioni ambientali e di far scattare subito i campanelli d’allarme nel caso in cui i reperti fossero esposti a qualche rischio.
“Il passo in avanti compiuto dalla Capitaneria e dalla Soprintendenza assume un forte significato in quanto, al di là della tutela dei beni in sé, rappresenta anche un allineamento sia con la Convenzione Unesco del 2001, che tutela i beni archeologici e storici rinvenuti nella zona di mare di 12 miglia dal limite esterno del mare territoriale, sia con la Legge 61 del 2006 che ha autorizzato l’istituzione di zone di protezione ecologica a partire dal limite esterno del mare territoriale”, spiega il comandante della Guardia costiera di Porto Torres, Gianluca Oliveti.