Protezione civile, il “Centro” fantasma

Costato 5 miliardi di lire, non è mai stato aperto. Avrebbe dovuto coordinare le emergenze, ma ci si trova proprio nel mezzo: è stato costruito in una piana alluvionale.

Lunedì pomeriggio, mentre Cleopatra punta pericolosamente sulla Sardegna, ai piani alti del Consorzio industriale di Cagliari si respira preoccupazione. La pioggia batte violentemente alle finestre e negli uffici iniziano ad arrivare le prime allarmanti notizie sul nubifragio che sta mettendo in ginocchio la Gallura. Qualcuno a quel punto prende il telefono e chiama la Protezione civile: “Dobbiamo evacuare il palazzo? Sa, noi stiamo a Macchiareddu…”.

Dall’altra parte del filo dicono che no, non ce n’è bisogno: la tempesta è lontanissima e non arriverà nell’area industriale di Cagliari. Ma l’interlocutore non è affatto sorpreso da quella chiamata. Perché sa benissimo che Macchiareddu non è altro che una piana alluvionale e un nubifragio può trasformarla  in una trappola.

Eppure, è proprio lì che oltre quindici anni fa la Regione ha incredibilmente deciso di realizzare il Centro servizi della Protezione civile. Che si trova a poche decine di metri dal Cacip, il Consorzio industriale. E non è mai entrato in funzione. Oggi quel mastodontico complesso, che si estende su circa 15mila metri quadri, è solamente un deposito. Extra lusso, vista la spesa: oltre cinque miliardi di lire, dicono gli addetti ai lavori. Sembra incredibile: è tutto vero.

La struttura che sulla carta dovrebbe essere semplicemente il centro nevralgico del sistema di allerta, coordinamento e soccorso in caso di situazioni avverse, si rivela un guscio vuoto. E tutta la sua imponenza si risolve in un piazzale occupato da motocross, container firmati ministero dell’Interno, autobotti e perfino moto d’acqua. È qui che molte associazioni, quando c’è bisogno, vengono a prelevare tende e altro materiale utile a soccorso. Un magazzino, in sostanza. Costato cinque miliardi di lire. Perché gli uffici che avrebbero dovuto ospitare il ‘Centro funzionale regionale’, rimangono vuoti: manca l’agibilità, dicono nei corridoi della Regione. E chi mai potrebbe firmare un documento che certifichi la sicurezza e la stabilità di un gigante dai piedi d’argilla?

Ma questo a Roma, forse, non lo sanno: poche settimane fa inviano una lettera alla Regione e intimano l’attivazione del Centro. In presidenza non sanno che fare, alla direzione della Protezione civile sì: Giorgio Cicalò, il numero due in linea di comando dopo il presidente Cappellacci, minaccia dimissioni. Pochissime risorse e organico ridotto all’osso. Inutile continuare a lottare contro una burocrazia avversa. Poi però l’addio rientra e tutto procede come prima. E al Centro servizi di Macchiareddu non cambia una virgola.

Oltrepassato il cancello automatico si viene accolti da una guardia giurata. “Si può parlare con un responsabile?”. “Attenda”, dice con piglio professionale. Poi, dopo aver fatto qualche telefonata di rito, ti spiega gentile che lì non c’è nessuno: “Qui c’è il capocantiere, perché ci sono solo operai”. E infatti a qualche decina di metri, sono alle prese con un muletto che fa avanti e indietro tra il capannone e il piazzale. Si occupano con diligenza di evadere le numerose richieste degli ultimi giorni. Nessun capoccia in zona. Men che meno nelle due palazzine ‘direzionali’: vuote.

Già l’architettura sa di beffa: dal sapore vagamente futuristico, le palazzine che sulla carta avrebbero dovuto ospitare uffici e centri direzionali paiono sì astronavi, ancorate però allo sci-fi anni ’60. E per di più mai decollate. Chi ha firmato il via libera, chi ha portato avanti quel progetto? Chi ha permesso che venissero spesi cinque miliardi di lire gentilmente offerti dai contribuenti? Il nome c’è.

Pablo Sole

sole@sardiniapost.it

 

 

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