Bronzetti nuragici all’asta? La denuncia del deputato Mauro Pili non racconta niente di nuovo: da anni esiste indisturbato o quasi un fiorente mercato clandestino di beni archeologici su internet.
Oltre ai bronzetti di cui parla Pili in un’interrogazione presentata ieri alla Camera sono tantissimi i manufatti sardi che prendono il volo per terre lontane, solo alcuni sono intercettati dalla Guardia di Finanza e dal Corpo Forestale e vengono riportati in patria.
Ci sono poi le collezioni di gioielli, ceramiche, statue e oggetti che musei e antiquari acquistarono tanti anni fa quando ancora non esistevano regolamenti e tutele sul patrimonio culturale italiano. Al British Museum di Londra, per esempio, esiste la “Great Sardinian Collection” oggi in mostra: nelle vetrine dedicate all’isola si possono vedere parte di quei 1430 pezzi provenienti dalle tombe di Tharros che il prestigioso museo inglese acquistò a metà dell’Ottocento per la modica cifra di mille sterline. In quegli anni agivano senza controllo i tombaroli provenienti soprattutto dalla vicina Cabras, in cerca dei preziosi tesori custoditi nelle tombe puniche non ancora scavate: un patrimonio inestimabile di gioielli in oro, argento e pietre, anelli, orecchini, pendenti, scarabei, maschere, vasellame, fibbie vennero razziati e venduti senza criterio.
Quanto ai bronzetti, sono centinaia quelli “ufficialmente” custoditi fuori dall’isola: Rossella Maltinti, cagliaritana che vive a Berlino, ha creato “S’ischisorgiu furau“, catalogo on line delle sculture in bronzo trafugate dall’isola. Tanti di questi esemplari sono finiti nelle mani di Elie Borowski, mercante d’arte e collezionista molto discusso che negli anni Cinquanta del secolo scorso venne in possesso di decine di bronzetti di provenienza sconosciuta. I bronzetti furono poi ceduti al museo Bible Lands di Gerusalemme dove sono oggi esposti.
Francesca Mulas