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L’opposizione, se esiste, mandi a casa la giunta Cappellacci

Il problema non è strettamente ‘politico’. Ha infatti a che fare con qualcosa che viene prima della politica e che è la condizione indispensabile perché essa possa essere praticata. Il problema è la percezione della realtà.
Tocca entrambi gli schieramenti. Avevano un gravissimo difetto di percezione della realtà, per esempio, i dirigenti del Partito democratico che verso la fine dell’anno scorso – convinti di avere la vittoria elettorale in tasca – già disegnavano organigrammi governativi dove ricollocare le personalità che, come Massimo D’Alema, avevano avuto il buon gusto di farsi da parte. Ce l’ha il governatore Ugo Cappellacci che – davanti al cataclisma – pensa di ‘azzerare’ la giunta, sostituire un po’ di assessori, accontentare questo e quello, e andare avanti ancora per un anno, per portare la legislatura alla ‘scadenza naturale’

Una definizione alquanto impropria. La  ‘scadenza naturale’ infatti è già arrivata. Si sa anche a che ora: alle 15 di lunedì scorso quando i cittadini hanno decretato col voto la fine della cosiddetta Seconda Repubblica.

Sostenere, come fa il governatore sardo, che la maggioranza che governa la Regione “ha tenuto” perché la somma aritmetica dei voti del Pdl e della lista Monti, con l’aggiunta dei sardisti, è superiore ai voti del centrosinistra, significa appunto non avere alcuna percezione della realtà. Questo nella migliore delle ipotesi. La peggiore è che a muovere il presidente dei sardi sia solo la volontà di mantenere a ogni costo il potere, fregandosene di tutto e di tutti,  soprattutto degli elettori.

Non ci vuole Ilvo Diamanti, basta un pallottoliere, per rendersi conto che solo un sardo su quattro ha votato per uno dei litigiosissimi partiti che sostengono la giunta Cappellacci. E che, degli altri tre, due sono per Grillo o per il centrosinistra e il quarto non è andato a votare. E non ci vuole Mario Draghi, basta la diligenza del buon padre di famiglia, per rendersi conto che davanti a una situazione di ingovernabilità del Paese a maggior ragione bisogna avere, per difendersi al meglio dalla crisi, un governo forte e autorevole nella Regione. E, infine, non ci vuole, infine, un presidente della corte costituzionale, ma basta non essere totalmente ciechi, per capire che già la riduzione del numero dei consiglieri regionali da 80 a 60 (e la prossima approvazione della legge elettorale) mette in discussione la legittimità sostanziale di questo consiglio regionale.

Un consiglio regionale che, come dice nell’intervista che pubblichiamo oggi il segretario regionale della Cgil Costa, deve sbrigare al più presto alcuni adempimenti urgenti e poi andarsene. Per ridare voce ai cittadini e far nascere un’assemblea e un esecutivo realmente rappresentativi.

Escludiamo che Ugo Cappellacci arrivi da solo a questa conclusione. Ed è anche molto improbabile che ci arrivi la maggioranza che lo sostiene. Diamo invece per scontato che l’opposizione a questa conclusione sia già arrivata. E, se ancora non c’è arrivata, la condivida. A meno che non abbia deciso di negare il proprio ruolo e la propria ragione di esistere. O, peggio, nonostante la recentissima batosta, creda di poter assecondare le alchimie e i temporeggiamenti di questo quell’aspirante candidato governatore.

Ma non basterà chiedere a Cappellacci di andarsene conoscendo già la risposta negativa, né basterà presentare una nuova mozione di sfiducia che si sa bocciata in partenza. Se l’opposizione vuole essere tale, e non perdere definitivamente ogni credibilità, deve mettere in moto tutti i meccanismi per cacciare via questo governo regionale. Tutti. Quindi anche quello della mobilitazione popolare. Un governo di assoluta minoranza se non se ne va da solo viene mandato via – pacificamente – dai cittadini. E’ sempre successo e non si capisce perché non possa, e non debba, succedere anche qui da noi.

Giovanni Maria Bellu

 

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