LA STORIA. La barca dei primi profughi arrivati in Sardegna approda a San Sperate

Un viaggio attraverso il mare e il tempo: è quello dei venti migranti che per primi hanno sfidato il Mediterraneo verso la Sardegna in cerca di un futuro migliore. Esattamente dieci anni dopo le speranze, le memorie e i sogni degli uomini che in quell’estate hanno rischiato la vita per arrivare nell’Isola rinasceranno a San Sperate grazie a un’idea di Antas Teatro: la barca con cui nell’agosto 2006 viaggiarono i venti profughi maghrebini da oggi avrà una seconda vita, sarà sistemata in piazza San Giovanni, restaurata da un gruppo di volontari e diventerà simbolo e memoria del viaggio dei migranti da questa parte del Mediterraneo.

La storia della barca di San Sperate ha inizio nel 2007. Michele Pirroni, titolare di una azienda di materiali edili di Decimomannu che oggi vive a San Sperate con la sua famiglia, acquistò un peschereccio di 7,5 metri da una ditta privata che era stata incaricata dalla Dogana di distruggere le imbarcazioni sequestrate agli scafisti. Con quella barca, raccontava il titolare della ditta, nell’agosto 2006 venti migranti erano arrivati nelle spiagge sulcitane davanti agli occhi increduli dei turisti.

“Ho visto che era in buone condizioni e ho pensato che il motore potesse essere sistemato – racconta Michele Pirroni – quindi l’ho portata via con me con l’idea di rimetterla in mare. Poco dopo l’ho prestata all’associazione Antas Teatro per Cuncambias, il festival di cultura popolare che si svolge nel rione storico di San Giovanni, che quell’anno era intitolato ‘San Sperate e il suo mare'”.

Oggi quella barca è tornata ancora in paese, sistemata in un angolo della piazza a fare da suggestiva scenografia per l’ultima edizione del Festival che si è concluso appena pochi giorni fa. Michele Pirroni, che da tempo si occupa di volontariato in Africa, ha pensato che in quella piazza avrebbe potuto avere una nuova vita e ha deciso di donarla definitivamente ad Antas Teatro. “Alcuni cittadini si sono offerti di restaurarla e metterla in sicurezza – sottolinea Giulio Landis di Antas – e  in accordo con il Comune verrà sistemata e resa accessibile per grandi e bambini. Dieci anni fa la barca ha portato nella nostra terra migranti in fuga da crisi e povertà, faremo in modo di conservare per sempre la memoria di quelle persone che hanno qui cercato la speranza di una nuova vita”.

Da quell’estate del 2006 il viaggio dei migranti dall’Algeria alle coste sulcitane, distanti poco più di duecento chilometri, non si è mai fermato: ogni anno  centinaia di persone pagano quattro, cinquecento euro agli scafisti per imbarcarsi verso l’Isola, soprattutto con la bella stagione. L’arrivo non è per nulla sicuro: in Algeria esiste il reato di emigrazione clandestina e i viaggiatori trovati in mare senza documenti vengono arrestati; alcuni vengono fermati dalle guardie tunisine e incarcerati con l’accusa di terrorismo, altri muoiono annegati. Appena qualche settimana fa 22 algerini sono stati costretti a tuffarsi in mare a largo della costa sulcitana mentre gli scafisti fuggivano in barca. In tanti, troppi, in questi dieci anni sono spariti senza lasciare traccia: per loro si è costituito in Algeria il Comitato delle famiglie degli harraga scomparsi in mare.

L’ultimo arrivo è di pochi giorni fa: 17 algerini sono stati soccorsi nelle acque del Golfo di Palmas e portati in salvo. Viaggiavano su un peschereccio molto simile a quello che è stato acquistato da Michele Pirroni, non diverso da tutti gli altri che in questi dieci anni sono stati accatastati nel porto di Teulada in attesa di essere distrutti come prevede la circolare del 2003 emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri “Distruzione di imbarcazioni utilizzate per reati di immigrazione clandestina”.

La barca di San Sperate, invece, è andata incontro a un altro destino. Da oggi racconterà una storia nuova.

Francesca Mulas

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