Gavoi, Moresco: “Scrivendo ho spostato il baricentro del mondo”

Un estremista della vita e della letteratura. Antonio Moresco, commovente presenza agli incontri di “Mezzogiorno di fuoco”, è l’autore di quel viaggio dantesco intitolato Increati, ultimo tassello di una trilogia (Esordi, Canti dal caos) che trasuda disperazione e amore, un’opera-mondo costata trenta anni di vita e destinata a scardinare le certezze delle nostre esperienze letterarie.

“Ho iniziato a scrivere a 30 anni, quando mi sembrava di essere con le spalle al muro, una posizione ottimale vista che da quel momento non si può fare altro che andare avanti. Ho affidato tutto alla letteratura, in un momento di deragliamento della vita che mi ha fatto rinascere quando oramai mi sentivo morto. La letteratura è un’avventura che sposta il baricentro del mondo. Sono figlio della guerra, mio padre ha trascorso cinque anni della sua vita in un campo di concentramento in India, quando è tornato a Mantova, d’estate accendeva la stufa, abituato com’era al clima torrido di altri paesi. In una di quelle estati mi ha concepito, ma a 30 anni, quando finalmente ho iniziato a scrivere, sono morto”.

La morte come rinascita, perché Moresco è uno che rovescia la logica delle cose, prima c’è la morte, poi la vita e poi l’increazione, ma non si tratta di un esercizio stilistico o di un paradosso intellettuale, la sua è una lucida visione di mondo. “Morte e vita non sono solo come ci hanno abituato a intenderle, la morte può stare anche prima, è un continuo oscillare che lega l’esercito dei morti con quello dei vivi, nel libro la voce narrante si trascina dietro tutto, la disperazione della carne, ma anche la visceralità del cuore e della mente”. Pagine che sfiorano altissimi gradi di tensione e che sfidano senza sosta il lettore e il suo senso di resistenza, lo invitano ad attraversare il buio in quella che lui chiama una rincorsa tumultuosa dell’esperienza.

“La scrittura per me è stata un dono che mi ha dato la forza di aderire a me stesso, ho affrontato la morte quando ero inerme, quando ero un grumo, perché è solo allora, quando sei indefinito e indifeso, che fai le scelte più forti. Agli inizi non mi pubblicava nessuno, non ero nessuno, poi ho osato, sono andato oltre, ed è stata un’esperienza impressionante: quando ho finito di leggere il libro ancora in bozze, non potevo credere di averlo scritto davvero, mi sono sorpreso della molteplicità, della crescita che avevo vissuto, ed è grazie alla letteratura se sono diventato più capace, più saggio, un’esperienza che ha toccato zone fluide e segrete, come succede con la musica. Un’esperienza da cui non si torna più indietro”.

Donatella Percivale

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