Storia del sanlurese che a Helsinki studia le politiche energetiche e i rapporti con la Russia

Il grande problema dell’Unione Europea? L’energia. Parola di esperto: «Dipendiamo da fornitori esteri per oltre la metà dei nostri consumi». Dal suo ultimo osservatorio, l’Istituto Finlandese di Affari Internazionali (FIIA) di Helsinki, Marco Siddi guarda con attenzione alle sfide che deve affrontare l’Europa. Trent’anni, ricercatore nel centro che pubblica studi, elabora dossier per il Parlamento nazionale e per diversi ministeri e organizza convegni su argomenti di rilevanza internazionale, si occupa di rapporti tra Unione Europea e Russia e di politiche energetiche e di sicurezza: «Sto analizzando il progetto di unione energetica ma di recente mi è stato chiesto di seguire gli sviluppi politici in Italia e la crisi economica nell’Europa meridionale».

Temi di vitale importanza che gli sono stati assegnati in virtù di un curriculum prestigioso e già chilometrico, a cominciare dagli studi. Trieste, Oxford, Vienna, Edimburgo, Colonia, Bruxelles, le tappe principali: «A diciassette anni – racconta il giovane originario di Sanluri – ho vinto una borsa di studio regionale e ho frequentato la quarta e la quinta superiore al Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico, una bellissima scuola internazionale e multiculturale a Duino, vicino a Trieste. Lì ho conseguito l’International Baccalaureate col massimo dei voti. Subito dopo il diploma, ho passato le selezioni per studiare a Oxford, dove ho conseguito la laurea quadriennale in Storia e in Lingua e Letteratura Tedesca, anche questa col massimo dei voti. Ho poi fatto un master biennale in Relazioni Internazionali all’accademia diplomatica di Vienna e il dottorato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alle università di Edimburgo e Colonia».

Arricchiscono questo impressionante tour della formazione alcune esperienze di lavoro a Bruxelles e a Budapest, con una parentesi di studio in Russia, prima dell’arrivo a gennaio a Helsinki: «Non so per quanto tempo resterò, qui le condizioni di lavoro sono ottime. Resto aperto ad altre opportunità». Emigrato nel 2002, Marco ha tenuto rapporti solidi con la Sardegna: «Seguo costantemente gli sviluppi politico-sociali tramite la stampa online e da un anno collaboro con il CRENoS (Centro di Ricerche Economiche Nord Sud) dell’università di Cagliari».
Conosce potenzialità e criticità dell’isola, per questo cerca di mettere in guardia dal pericolo di uno svuotamento della Regione che rischia seriamente di trasformarsi in un guscio vuoto, privo di qualunque tipo di energia: fisica e intellettuale. «La mancata metanizzazione ci costa tra i 400 e i 450 milioni di euro annui ma c’è un altro fattore preoccupante, spesso sottovalutato, l’emorragia di capitale umano qualificato. La nostra scuola pubblica – che nonostante i problemi strutturali resta di buona qualità- forma migliaia di ragazzi che non hanno la possibilità di inserirsi professionalmente in Sardegna. Qualcosa è stata fatta negli ultimi anni, per esempio il programma Master&Back, ma purtroppo non è sufficiente. Non dico che debbano tornare però, se si premiassero il merito e le competenze, almeno alcuni rientrerebbero».

Tuttavia se la nostra regione piange, Bruxelles non ride di certo perché l’agenda dei problemi è zeppa da impallidire anche in questo caso. «Nel breve periodo- osserva Marco – occorre rilanciare l’economia. In molti Paesi non c’è crescita, la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli esorbitanti e le politiche di austerità a senso unico impediscono una ripresa della domanda interna. C’è poi il tema dell’immigrazione: bloccare i migranti non serve, anche perché noi abbiamo bisogno di nuove forze sia per sostenere l’economia sia la demografia. Governare correttamente il processo è una sfida da vincere perché ci permetterà di contenere l’ondata crescente di xenofobia. Una cosa è certa, i flussi non cesseranno con il bombardamento dei barconi in Libia. Dobbiamo mettere in campo strumenti politici e culturali che consentano di vivere la diversità nel rispetto reciproco».

La deriva economica e xenofoba non è un problema esclusivo dell’area Mediterranea. «La Finlandia resta un Paese ricco, tuttavia da diversi anni l’economia è in difficoltà; i settori trainanti, legati alla tecnologia e allo sfruttamento delle foreste sono in crisi e proprio in questi giorni il governo – che include il partito euroscettico e anti-immigrazione “Veri Finlandesi”- sta varando un programma di austerità e di tagli all’istruzione. Avvisaglie, certo non paragonabili ai sintomi gravi del sud Europa, ma comunque preoccupanti. Forse anche per questa comunanza di difficoltà c’è un crescente interesse per i Paesi dell’Europa meridionale. Per quanto riguarda l’Italia, rilevo un misto d’ammirazione – per le bellezze naturali e culturali – e di diffidenza nei confronti della classe politica, degli scandali e della corruzione».

E a proposito d’Italia, Marco non esclude un domani di lavorarci, ma a determinate condizioni: «Vorrei mettere in pratica ciò che so fare – conclude – ma senza l’assillo costante di non arrivare alla fine del mese con lo stipendio».

Giovanni Runchina

 

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