Marika Serra, a 25 anni tra gli ingegneri del progetto Cross Rail che cambierà il volto di Londra

C’è un pezzo di Sardegna in Cross Rail, il più grande progetto d’ingegneria civile in fase di realizzazione in Europa: 18 miliardi di euro per costruire entro il 2018 una ferrovia che attraverserà Londra da Ovest a Est, collegando il terminal di Heatrow alla città in appena 22 minuti a fronte dei 50 attuali. Tra i diecimila addetti, impegnati quotidianamente con un consorzio d’imprese che vede coinvolte Bam Nuttal, Ferrovial e Kier c’è, infatti, un’ingegnera ogliastrina: Marika Serra; 25 anni, originaria di Jerzu, lavora in uno dei cantieri nevralgici, nella stazione di Farringdon, piena City «ci starò per i prossimi due anni».

Laurea triennale in ingegneria civile a Cagliari, Marika, è in Inghilterra dal gennaio scorso. «Il lavoro? Ho mandato un curriculum via mail, ho fatto il colloquio e sono stata selezionata». Il datore è la Bam Nuttall ltd, società del Royal Bam Group «una tra le maggiori ditte europee di costruzioni che conta 26840 dipendenti e fattura oltre sette miliardi di euro».
La sua qualifica è Assistant Engineer. «Sin dal primo giorno – racconta – sono stata inserita in una squadra di colleghi più esperti, così da poter imparare sul campo tutte le procedure e acquisire le competenze necessarie, anche se ho già la mia autonomia. Mi hanno assunta per insegnarmi il mestiere e per prepararmi come vogliono loro. La formazione qui è continua».
La sua è una storia di tenacia e di ordinaria – purtroppo non alle nostre latitudini – meritocrazia; l’azienda investe di suo in formazione e motivazione e il dipendente, gratificato, lavora con impegno. Lontano da alchimie e sofisticazioni normative. «Dopo il triennio mi sono iscritta alla specialistica ma non ero soddisfatta; volevo fare un master nel Regno Unito, l’unico ostacolo era il costo elevato. Assieme al mio ragazzo – che vive e lavora in Inghilterra – ho deciso di anticipare i tempi partendo prima dell’inizio dei corsi, fissato per settembre. Intendevo sfruttare i mesi precedenti per migliorare la lingua e per trovare qualche lavoretto così da finanziarmi gli studi. L’impatto non è stato facile; appena arrivata, ho fatto la cameriera per migliorare la lingua e per potermi mantenere. Parallelamente ho avviato l’attività preparatoria al master e inviato molte domande per svolgere tirocini, curando il curriculum e le presentazioni».

Dopo un mese, il primo passo in avanti, con l’inserimento come tirocinante retribuita, altra rarità per noi, in uno studio d’ingegneri: «Mi davano mille sterline al mese e dopo tre settimane intendevano assumermi». Offerta declinata per colpa- si fa per dire – di una telefonata: «Mi chiamò il recruiter della Bam Nuttall cui avevo inviato il curriculum, quasi non ci credevo». Due colloqui – il primo al telefono e il secondo in sede – e, dopo 48 ore, l’offerta di un posto da sogno. «Mi hanno garantito un ottimo stipendio, la possibilità di fare carriera, molti benefit e un contratto a tempo indeterminato. Il segreto? La tenacia perché ho bombardato di mail tutte le aziende londinesi, sfruttando anche Linkedin».

Le giornate sono piene e gestibili in autonomia. «Lavoro dal lunedì al venerdì dalle 7.30 del mattino sino alla sera. Dedico un’ora alla lettura delle mail aziendali poi indosso tuta, caschetto e scarponi e vado nel cantiere che sta sotto l’ufficio. Non abbiamo orari fissi, giusto una pausa a metà mattina e per il pranzo. Per il resto ci gestiamo gli orari come meglio crediamo. Nel pomeriggio sto in cantiere per almeno altre due ore, dopodiché torno alla scrivania per sbrigare la parte burocratica. Teoricamente alle 17 sono libera di andare via ma, spesso, mi trattengo come, del resto, molti altri colleghi. Lo straordinario, ovviamente, è retribuito. Sovente non mi accorgo nemmeno del tempo che passa. La difficoltà più grande è la comprensione piena della lingua, soprattutto i vari accenti e le diverse pronunce ma miglioro ogni giorno di più. Allo stato attuale, credo che Londra sia il posto dove ci sono le opportunità maggiori. Ciò non significa che le cose siano facili; la concorrenza è spietata. In questi mesi ho ricevuto altre cinque proposte interessanti che però non ho preso in considerazione, essendo già ampiamente soddisfatta».

In Italia, Marika non ha nemmeno provato a cercare occupazione. Le sue parole sono un cazzotto in bocca e riflettono in buona parte la realtà. «Avrei dovuto accettare un tirocinio gratuito o quasi. Credo che nessuna ditta avrebbe investito su di me. Ciò che ho conquistato è stato il frutto del mio curriculum e della mia determinazione». E anche della preparazione acquisita, seppur con i mille limiti del sistema italiano. «L’università mi ha garantito un’ottima base teorica, tra le migliori, con un handicap enorme che consiste nella mancanza di esperienza pratica. E’ un’impostazione sbagliata perché rinvia il contatto con il lavoro troppo in là nel tempo. Nell’azienda in cui opero ci sono professionisti di 21 anni che hanno già svolto uno stage per apprendere il mestiere. Come spesso accade credo che la risposta adeguata stia in un mix di competenze ed esperienze che ti proietti nel mondo del lavoro a 23-24 anni al massimo così da competere ad armi pari col resto d’Europa. Ai miei colleghi consiglio, se possibile, di fare un’esperienza all’estero. E’ essenziale avere un buon curriculum e imparare bene l’inglese; tuttavia – conclude Marika – credo che la cosa più importante sia osare seguendo l’istinto e non lasciandosi condizionare troppo da percorsi formativi tradizionali. Mi hanno rimproverato di essermi fermata al triennio e, alla luce dei fatti, è stata la scelta migliore che potessi fare».

Giovanni Runchina

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