Vittore Bocchetta: “Il 25 aprile dovrebbe diventare ‘Il giorno del ringraziamento'”

Stamani alle 12, Vittore Bocchetta – titolare della rubrica Testimone del nostro tempo –  parlerà a Verona, al Palazzo Gran Guardia, Pubblichiamo, come nostro editoriale in occasione del 25 aprile, il testo del suo intervento dedicato alla figura di Giuseppe Tommasi, uno dei protagonisti della Resistenza veronese.

Anche se tardi, molto tardi, vengo ad adempiere un essenziale dovere – un dovere lasciato incompiuto per settantun anni – settantun anni di celebrazioni, di decorazioni e di revisioni – io non intendo correggere quanto è stato scritto perché a nulla servirebbe comunque correggere una storia già scelta a priori. Io sono qui solo per deporre una corona d’alloro sulla lapide di Giuseppe Tommasi, un grande protagonista della storia della Resistenza. Attorno alla sua lapide, però, resta uno spazio vuoto e silenzioso, uno spazio che dovrebbe ricordare anche quelli che lo avevano seguito fin dai primi giorni dell’occupazione nazista. Io non li ho dimenticati – era uno stuolo di intellettuali che – subito dopo l’8 settembre del 1943 – subirono le prime vendette dei rinnovati squadristi di Salò.

Poche settimane dopo l’occupazione nazista – Verona era virtualmente la vera capitale della Repubblica Sociale di Salò. Immediatamente dopo l’annuncio dell’armistizio di Cassibile, spuntarono come funghi da non si sa dove i soliti ed immancabili opportunisti di tutti i tempi, quelli che stanno nascosti in attesa di facile ed occasionale bottino. Costoro – non furono pochi – sotto la tutela dell’invasore si fecero assoluti padroni di tutto il territorio occupato. A Verona, in una ex sede fascista di Porta Vescovo, si aprì di colpo un sinistro centro di torture, la caserma delle famigerate brigate nere rinominate poi “Polizia Federale della Repubblica di Salò”.

A questa nuova milizia occorreva ora riportare sulle scene le gesta di triste memoria del defunto regime. Niente ha miglior effetto che quello di un arresto eccellente: quello di un professionista di noto decoro e di alto prestigio,  l’avvocato Giuseppe Tommasi. Senza motivazione giuridica, l’avvocato Tommasi venne arrestato, interrogato, torturato ed infine rinchiuso nel tetro e sinistro carcere giudiziario chiamato “Gli Scalzi”. Ma occorreva una motivazione più effettiva. Fu costruita così una supposta cospirazione contro la nuova Repubblica.

Naturalmente poteva essere accusato di cospirazione chiunque, con qualunque motivo. Iniziò così una serie paurosa di delazioni, di arresti, di vendette, di gelosie e di rancori. Fu il periodo più infame del pretesto politico usato per il regolamento di conti personali, degli interrogatori estenuanti e dei sequestri inumani. Sequestri di persone e sequestri di beni e di cose preziose, moltissimi i sospettati e moltissime le vittime.

Quanti sono i nomi di quelle vittime che sono rimaste invendicate e in silenzio per settantun’anni? Ricordo bene il loro stupore umiliante, ma ricordo anche quelli che disapprovavano in cuore quella prevaricazione. In particolare ricordo l’arresto dei cosiddetti “complici” di Giuseppe Tommasi, quell’avanguardia d’onore della nostra Resistenza.

Ecco i loro nomi in ordine alfabetico: Mario Camozzini; Giovanni Dean; Antonino Fava; Emo Marconi; Renzo Mutinelli; Gaetano Roi, Ottavio Tamponi. Ma questo appello non si chiude qui: mancano i nomi di tutte quelle persone che, in quei giorni d’infamia, per la giustizia e per la libertà hanno dato tutto e non hanno chiesto niente. Soprattutto per questo vorrei che ogni 25 aprile si chiamasse “il giorno del ringraziamento” per tutti quanti, ignorati e dimenticati, hanno subito gli abusi e i soprusi di quella tirannia.

Vittore Bocchetta

 

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