Sardinia Post cambia linea politico-editoriale. Il saluto del direttore

Si conclude oggi, dopo sei anni, la mia direzione di Sardinia Post. Ho comunicato all’editore della testata, Vincenzo Onorato, la mia decisione di dimettermi dando la disponibilità a mantenere la firma – al fine di garantire la continuità della pubblicazione – per il tempo strettamente necessario alla nomina di un nuovo direttore. Ho ringraziato l’editore per aver consentito, il 1° ottobre del 2012, l’avvio di questa impresa editoriale che è ormai una realtà consolidata nel panorama dell’informazione in Sardegna ed è stata spesso ripresa, per le sue inchieste, da quotidiani, periodici e giornali online nazionali ed esteri.

La decisione di dimettermi nasce da due ordini di motivi. Il primo è la richiesta, che non ho condiviso, di un mutamento della linea politico-editoriale, accompagnata anche dalla richiesta di sospendere alcune fondamentali regole della professione. Il secondo si fonda su un’idea, che oggi a maggior ragione ritengo debba essere difesa con speciale fermezza, della professione giornalistica e della sua funzione.

Ricordo quanto, il primo ottobre del 2012, scrissi nell’editoriale di presentazione della testata, elencando i compiti che ci eravamo dati: “Vigilare sul rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione della Repubblica: il diritto allo studio, il diritto al lavoro, alla salute, il diritto a una condizione di vita dignitosa, alla libera manifestazione del pensiero e alla libera circolazione nel territorio dello Stato. Vigilare, quindi, sul buon funzionamento della pubblica amministrazione e sulla gestione corretta del denaro pubblico. Favorire il rinnovamento della classe dirigente riaffermando l’idea della politica come servizio alla cittadinanza e non come strumento per la tutela di interessi privati. Difendere la «memoria dei fatti» non consentendo a quanti ricoprono cariche pubbliche di non rispondere dei loro comportamenti alla collettività. Contribuire alla difesa della cultura e dell’identità della Sardegna e dei sardi nella convinzione che la nostra storia millenaria e il nostro territorio sono la nostra risorsa più preziosa. Sviluppare e ampliare, senza tabù né pregiudizi, il dibattito sui poteri di autogoverno e autodeterminazione dell’Isola. Creare un ponte tra i sardi che vivono in Sardegna e i sardi che vivono nel resto del mondo”.

Più in sintesi, scrivevo, si tratta di “dare le notizie” e osservavo che questo compito apparentemente ovvio (che altro deve fare un organo di informazione se non, appunto, dare le notizie?) era diventato “rivoluzionario”.

In questi sei anni – credo che i lettori possano confermarlo – abbiamo dato le notizie. Non solo quelle di routine, ma anche quelle che richiedono un lavoro complesso e delicato di indagine. Abbiamo svelato svariati casi di uso improprio della cosa pubblica senza guardare al colore politico dei responsabili. Abbiamo lavorato sotto lo sguardo che, fin dal primo giorno, “vigila” sulla nostra testata: quello di Bobo, il personaggio di Sergio Staino che rappresenta il militante di base di una sinistra smarrita, alla ricerca di una nuova identità. Un Bobo che la matita ironica di Staino ha “sardizzato” per noi.

Quattro anni fa, in occasione delle precedenti elezioni regionali, abbiamo in un certo senso assunto la “prospettiva” di Bobo: osservando e raccontando il dibattito e i programmi di quella vasta area progressista che si concentrava nella coalizione guidata da Francesco Pigliaru e in quella che aveva in Michela Murgia e in Sardegna Possibile il suo punto di riferimento. Augurandoci, come poi avvenne, che la coalizione di centrodestra, all’epoca guidata dal governatore uscente, Ugo Cappellacci, fosse sconfitta. Questo non ci ha impedito di vigilare in modo critico – come è dovere di un’informazione corretta – su quanto ha poi fatto il nuovo governo regionale. O – in questo totalmente soli – su quanto accadeva attorno al Banco di Sardegna.

Ci accingevamo a esercitare questa stessa funzione nei prossimi mesi, nel seguire l’imminente – ma nei fatti già avviata – campagna elettorale per le elezioni regionali di febbraio. Elezioni di straordinaria importanza, non solo locale. Si svolgeranno, infatti, a pochi mesi da una tornata di elezioni europee considerate decisive per il futuro della UE, e  anche un test per il governo Cinque Stelle-Lega che guida l’Italia dalla scorsa primavera.

La Sardegna è tornata a essere un laboratorio politico di rilevanza nazionale. Sul fronte progressista – quello di Bobo, il nostro – è in atto il tentativo di realizzare una sorta di lista civica regionale guidata dal sindaco di Cagliari, Massimo Zedda. Prospettiva alla quale ha già aderito un terzo dei sindaci sardi. Se questo progetto politico andasse in porto (e andrà in porto soprattutto se le forze tradizionali del centrosinistra non tenteranno di mettervi il loro cappello) la Sardegna potrebbe diventare un modello per la ricostruzione del fronte progressista nel Paese. Se poi, addirittura, questo progetto fosse vincente, dalla nostra Isola partirebbe il primo segnale di una riscossa civile. Abbiamo assistito, in questi mesi, a vicende gravissime. Il ministero dell’Interno guidato da Matteo Salvini è diventato una centrale di propaganda e di diffusione dell’odio. I diritti fondamentali, a partire dal diritto d’asilo, sono in discussione. Il sistema di accoglienza dei rifugiati, in relazione al quale la Sardegna è una delle eccellenze, è in via di smantellamento. L’elenco potrebbe continuare a lungo.

Ma, per alcuni aspetti, la Sardegna è un laboratorio anche sul fronte del centrodestra. Nella spartizione tra le forze della coalizione, infatti, la nostra Isola è toccata proprio alla Lega di Matteo Salvini che ha designato come candidato governatore il segretario del Psd’Az,  e senatore eletto dalla Lega, Christian Solinas. Non è ancora chiaro se la cosa andrà in porto. In tal caso si avrebbe il paradosso del segretario di un partito autonomista, sul filo dell’indipendentismo, e designato, a Roma, dal leader politico di una forza germogliata sul risentimento antimeridionalista del Nord, poi ha trasferito sugli immigrati. In effetti è davvero difficile individuare un legame di Matteo Salvini con la Sardegna, a parte la sua recente incriminazione per sequestro di persona.

Ecco, queste considerazioni, non possono più avere uno sviluppo nelle pagine di Sardinia Post.  Anzi, questo ci è stato chiesto, avremmo dovuto – modificando la linea politico-editoriale – assumere un atteggiamento neutrale nei confronti di queste fantasmagoriche sperimentazioni politiche tra “sovranismo” e xenofobia. Ci siamo serenamente rifiutati di farlo. Credo che i nostri lettori lo apprezzino. Li saluto con affetto e riconoscenza per come, sempre più numerosi, ci hanno seguito. Così come saluto questa redazione straordinaria (Alessandra Carta, Monia Melis, Francesca Mulas, Donatella Percivale, Manuel Scordo, Pablo Sole e Andrea Tramonte), che è riuscita a tener testa alle numericamente ben più munite forze della concorrenza. Ringrazio tutti i collaboratori e in particolare quelli che, con più assiduità, hanno arricchito le pagine del giornale online e del magazine cartaceo: Vittore Bocchetta, Michela Calledda, Giuseppe Carrus, Marco Corrias, Rinaldo Crespi, Daniela Ducato, Paolo Fadda, Maria Giacobbe, Luciano Marrocu, Paolo Nori, Roberto Petza, Daniela Pani, Enrico Pinna e Lilli Pruna.

Sono sicuro che l’editore e il nuovo direttore, al quale auguro buon lavoro, sapranno salvaguardare questo patrimonio di professionalità, intelligenza e cultura.

Giovanni Maria Bellu

 

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