I sardi, la politica. E la “costante autodistruttiva”

Beppe Grillo è solo realista mentre fugge dalla sconfitta annunciata in Sardegna. E’ franato in tutte le elezioni regionali recenti. Qui sarebbe stato un altro disastro. Annunciato dallo spettacolo offerto dall’armata Brancaleone dei seguaci nuragici. Uguali e contrari, del resto, alla media nazionale. Ha voluto evitare che il primo schieramento elettorale (quasi 30 per cento) del glorioso 2013 si riducesse a percentuali da partitino dopo un anno esatto.

Fuga ingloriosa? Sì e no. Alla ritirata è stato spinto e incalzato dalla rissa invereconda dei grillini-grullini nostrani. Purtroppo pronti a tutto e incapaci a niente. Soprattutto a sospendere un giorno la guerra per bande e trovare la quadra su una lista condivisa. Di qui la giustificazione anche pretestuosa evocata dal leader-web maximo. Comunque sufficiente e convincente per negare il simbolo a una “lista minestrone“ in extremis, dopo le “minestrine” gruppettare precedenti.

Grillo si tira indietro per evitare figuracce: logoranti alla vigilia del voto europeo dove conta di fare un botto clamoroso. Ma anche perché ha osservato bene i supporter isolani. Ha correttamente concluso, come Matteo Renzi nel Pd: se li conosci, li eviti. Chi? I sardi, belin. Primatisti quasi mondiali della politica come prosecuzione della guerra con altri mezzi. Meno letali ma altrettanto micidiali per la collettività. In tutti gli schieramenti e partiti. Da vent’anni impegnati della distruzione della Sardegna. Complice o succuba silente la maggioranza della cosiddetta società civile: vittima anche della mala-informazione imperante da un decennio.

Dunque, i nostri grillini restano soprattutto sardi. E come tali si comportano appena affacciati alla ribalta pubblica. Il “così fan tutti” li ha inesorabilmente risucchiati nell’autofagia della politica isolana: prima ancora di calcare il palcoscenico di nostra dannata signora Regione. Insomma, anche il flop dei grillini come metafora del comun agire politico sardo.

A chi gioverà l’adieu grillino, scalfirà o ingrosserà lo zoccolo duro dello spaventoso sciopero del voto che cresce a dismisura, da vera emergenza democratica? Troppo presto per capire chi sarà beneficiato e chi penalizzato nell’orgia di liste e candidati: a breve più numerosi degli elettori. E’ male che una pattuglia di grillini, intransigenti e magari responsabili come in Sicilia, non sia presente e incalzi il parlamentino sardo: ancora sordo, grigio e squallido.

Un’assenza per autolesionismo che non è una sorpresa. Semmai disperante conferma che nella politica sarda, anche quella presunta nuova e antagonista, il peggio deve sempre venire. E’ arrivato ora dai grillini. Dopo essersi confermata fino all’estenuazione nel Pd e nel centrosinistra come nel Pdl-Forza Italia e nel centrodestra.

Questa è la quarta legislatura, dal 1994, che finisce disastrosamente. Col primato assoluto, comunque, delle due dominate dalla destra e concluse con la Sardegna a tocchi, casse saccheggiate, deserto economico. Mai come adesso, tuttavia, dopo i cinque anni di Cappellacci e della grande crisi: con un doppio effetto moltiplicatore ed impatto devastante. Senza le grandi speranze e risorse messe in campo dal 2004 in poi: cancellate negli ultimi scellerati anni, in un discredito anche morale vergognosamente coperto o attutito dalla disinformazione regionale foraggiata con i soldi nostri .

Anche la nuova legislatura sembrava consegnata a un bis di quella conclusa: peraltro non escluso, con i debiti scongiuri. Con lo stesso disastroso centrodestra, pure multiplo e peggiore se possibile. E un centrosinistra dilaniato in faide inestricabili e irriducibili. Si salva in extremis e può riscattarsi col paracadute di una candidatura autorevole e rispettabile come quella di Francesco Pigliaru. Da sola non può bastare, né lo pretende, a risanare anni di disastri. I conti politici sono e restano in rosso, deprimenti. L’autofagia del Pd è assai più grave e inaccettabile della rissa a destra: di matrice solo berlusconiana.

Dal 1994 la sinistra coltiva il vizio assurdo di sbranare senza soste uomini e progetti lontani e diversi: Palomba prima, poi Soru e se stessa. In una continuità tossica e inesorabile che ha cancellato le culture politiche del Pci e della Dc. Resta incapace di una sintesi feconda. Pratica solo basse lotte di potere tra clan e persone squalificate ma senza il respiro di quelle passate. Anche nella contrapposizione e nella polemica sempre presenti, hanno saputo progettare e costruire momenti alti di crescita civile ed economica.

Ora è solo feroce mischia distruttiva: quasi un tratto caratterizzante e specifico di una sardità politica negativa, perfino peggio che nel Mezzogiorno. Parafrasando e rettificando il grande Giovanni Lilliu, l’attuale “costante resistenziale” è questa faida continua e inarrestabile. Mezzo ma anche fine di una guerra senza senso e senza termine, fino alla distruzione della Sardegna. Uno scenario disperante, che appare irredimibile più di quello nazionale.

Il realismo dell’analisi non è catastrofismo assoluto. Semmai l’opposto, per sfidare e sconfiggere coscientemente questo delirio incontrollato. Nel trionfo di tutti gli indipendentismi e sovranismi dilaganti, ricordiamoci che sono popoli veri quelli che hanno saputo prendere in mano il proprio destino: per costruirlo e realizzarlo. Non per cancellarlo. Accusando sempre gli altri. Assolvendo anche i nostri ascari e untori. Indipendentismo sì: ma anche e soprattutto da certi sardi.

Giorgio Melis

 

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