Rottura tra Bper e Fondazione? Nuove domande in attesa di risposta

Pubblichiamo una nuova analisi del “collettivo Amsicora” sulla situazione del Banco di Sardegna. Come sempre questo spazio è a completa disposizione delle persone e degli enti chiamati in causase vorranno intervenire per spiegare e rispondere.

Una notizia rimbalzata da Modena, circolata in occasione dell’annuncio dell’acquisto della Cassa di risparmio di Ferrara da parte della Banca Popolare dell’Emilia Romagna (BPER), ha incuriosito l’ambiente finanziario nazionale. Giungendo poi fin qui, in Sardegna. La notizia riguarderebbe la clamorosa rottura avvenuta tra la Fondazione del Banco di Sardegna e la BPER. Ed interesserebbe le intese per le nomine dei nuovi consiglieri d’amministrazione sia della stessa BPER che del Banco di Sardegna, ambedue interessati dal rinnovo.

Risulterebbe – ma il condizionale è d’obbligo – che la Fondazione di Sardegna, presieduta da Antonello Cabras, abbia acquisito recentemente altre azioni della banca modenese, raddoppiando la sua partecipazione tanto da portarla fin quasi al 6 per cento del capitale E divenendone così uno dei primi tre azionisti singoli. Una manovra che a Modena è stata interpretata come ostile, in quanto accompagnata dal diniego che Cabras avrebbe opposto ad ogni intesa con il gruppo degli azionisti emiliani formatosi attorno al gruppo Unipol per controllarne la SpA.

La rottura troverebbe riscontro anche dal fatto che la Fondazione avrebbe declinato ogni interesse a nominare dei suoi rappresentanti nel CdA della BPER che verrà presentato dal gruppo Unipol & C. alla prossima assemblea dal gruppo emiliano, e ancora dall’avere opposto un netto diniego all’intesa per la nomina del direttore generale del Banco di Sardegna, ora in scadenza (divisi, parrebbe, tra chi intenderebbe confermarne l’attuale, e chi, al contrario, vorrebbe sostituirlo).

C’è quindi da domandarsi: cosa bolle nella pentola della Fondazione, e quali obiettivi sta perseguendo al riguardo il presidente Cabras?   Chi ha seguito queste nostre periodiche informative, ricorderà certamente che la Fondazione di Sardegna si trova di fronte ad alcune importanti scadenze relative alle sue partecipazioni bancarie (possiede infatti il 49 per cento del capitale del Banco di Sardegna e quasi il 6 per cento della BPER). Il loro valore eccede, e non di poco, il limite imposto dal Ministero dello Sviluppo Economico sulle partecipazioni bancarie che le fondazioni possono detenere.

Partendo da questa considerazione, è facile intuire che aver portato in questi ultimi mesi al 6 per cento la quota di azioni BPER (sempre che trovi conferma) diventa chiaramente un atto ostile, o – almeno – un’arma di pressione per riuscire ad ottenere “qualcosa” dalla banca modenese. Ma cosa?

In agenda, per quel che s’intuisce, ci potrebbero essere due motivi: il primo, ovviamente, riguarda quel forte dimagrimento da dover effettuare, in tempi brevi, sulle partecipazioni bancarie in portafoglio alla Fondazione. Per le quali l’unico possibile acquirente non può che essere la BPER, in quanto azionista di maggioranza, e di fatto padrone, del Banco di Sardegna. Il secondo motivo, ma  conseguente al primo, potrebbe essere quello di riuscire ad ottenere una migliore autonomia operativa del Banco, rafforzandone così il radicamento nel territorio, anche attraverso una direzione generale non più “modena-dipendente”.

Paiono, comunque, due motivazioni molto deboli, per cui ci dovrebbe essere un “qualcosa” di più sostanzioso, come ragione di quell’atteggiamento ostile.
Per alcuni osservatori rimane infatti il dubbio che il presidente Cabras non sia solo, ma abbia degli alleati in questo suo braccio di ferro con la BPER. Si ritiene che possano esistere delle intese con i Fondi d’investimento, tra cui molto presenti nel capitale della banca modenese sono quelli riconducibili nell’orbita dell’americana Black Rock, che è la più grande società di investimento nel mondo e gestisce un patrimonio di quasi 5,7 miliardi di dollari, molto attiva, tra l’altro, nell’acquisire partecipazioni nel mondo bancario nazionale.

È difficile però capire quale possa essere l’obiettivo “finale” di quest’alleanza, se non quello di voler conquistare il controllo della BPER, ora divenuta scalabile per via della sua trasformazione in SpA, e con un capitale in mano ad oltre 8 mila piccoli azionisti. Ma per fare cosa? E quale potrebbe essere l’interesse della Fondazione che, per legge, dovrebbe essere obbligata a perdere ogni legame con la banca da cui ha tratto origine?

Sono domande che è giusto porsi, ma non è facile trovare delle risposte convincenti. Anche perché si è davanti ad un argomento di cui in Sardegna è proibito parlare: non ne parla, né ne discute la politica d’ogni schieramento, se ne sta muto e silente anche il sindacato e non ne scrivono i giornali, quasi che dirne qualcosa si faccia …peccato. Eppure si è davanti ad un argomento importante che coinvolge gli interessi di tutti noi sardi che siamo i legittimi stakeholders della Fondazione. A cui sarebbe dovuta una puntuale informazione.

Di fronte a questi prolungati silenzi, come sardi consapevoli ed attenti, non possiamo che essere preoccupati. Ed i motivi non sono pochi. Sappiamo che la Fondazione continua ad esporre nel suo patrimonio i circa 360 milioni di euro della partecipazione al capitale del Banco di Sardegna ricevuti in dono dalla legge Amato, che oggi – secondo la valutazione d’un analista di Piazza Affari – varrebbero non più di 90-95 milioni: cioè in 16 anni si sarebbero ridotti di tre quarti, per via del regime anoressico a cui è stato sottoposto dalla BPER (e, non secondariamente, per le disattenzioni di chi avrebbe dovuto vigilare).

Addolora dover scrivere questo, ma è, purtroppo, l’amara verità, basti pensare alle modalità – sine pecunia – con cui è stato sottratto al Banco il controllo della Sardaleasing e della Banca di Sassari.
Chiedere d’essere informati, voler sollecitare la Fondazione perché chiarisca quale sorte avranno quelle partecipazioni bancarie divenute incongrue secondo le direttive governative, non crediamo sia peccato; così come vorremmo che la Regione Sardegna, attraverso il suo massimo rappresentante, voglia chiarire se ha attenzione e preoccupazione per le sorti assai incerte di uno degli assets più importanti dell’economia regionale. E se ne va seguendo, con occhio vigile, gli sviluppi, perché non diventino di nocumento ai suoi corregionali. Si tratta di un compito che gli compete e da cui non dovrebbe sottrarsi.
Sarà possibile – domandiamo ancora una volta – riuscire a rompere quella cortina di silenzi che va divenendo, per giudizio comune, un vero peccato di omissione politica?

Amsicora

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